Il Titolo di Stato che non è italiano e fa discutere, si tratta del T-Bond USA 2030 con rendimento 6,25%.
Quando si esce dal perimetro dei titoli di Stato italiani, il mercato obbligazionario diventa un vero mare aperto. Rating, cedola, durata, valuta di denominazione e liquidità cambiano radicalmente il profilo di rischio e rendimento. In questo scenario, alcuni prestiti sovrani esteri continuano a offrire ritorni più generosi rispetto alla media delle economie avanzate, in particolare quelli emessi da Stati Uniti e Regno Unito.

Tra le soluzioni in valuta estera, spicca un titolo USA che, per struttura e numeri, viene spesso paragonato a un BTP, pur non avendo nulla di italiano se non la modalità di negoziazione sul mercato domestico. È un’obbligazione che unisce una cedola nominale molto elevata a una vita residua di medio termine, ma che introduce anche il rischio di cambio euro/dollaro, elemento centrale nella valutazione complessiva.
Il T-Bond USA 2030: struttura, prezzo e funzionamento
Il titolo in questione è l’obbligazione del Tesoro degli Stati Uniti identificata dal codice ISIN US912810FM54, negoziata su EuroTLX di Borsa Italiana. Nato come trentennale, con emissione datata 15 febbraio 2000, arriverà a rimborso il 15 maggio 2030, con una vita residua di circa quattro anni e mezzo.
La cedola lorda annua del 6,25%, pagata con frequenza semestrale, rappresenta il primo elemento di richiamo. Tuttavia, il prezzo di mercato, che si colloca intorno a 110 dollari, ridimensiona il ritorno complessivo, portando il rendimento effettivo a scadenza in area 3,7% annuo lordo. Il taglio minimo è di 1.000 dollari, ma il controvalore effettivo da investire risulta più elevato proprio per effetto della quotazione sopra la pari.
Il titolo è denominato in dollari USA, e questo incide sia sull’esborso iniziale sia sugli incassi futuri. Al cambio euro/dollaro attuale, l’investitore europeo deve convertire valuta sia per acquistare il bond sia per incassare le cedole, che ammontano a 27,3 dollari ogni semestre. Il corso secco impone inoltre il pagamento del rateo di interessi maturato, oltre alle commissioni bancarie legate al deposito titoli e alla negoziazione.
Nonostante l’appartenenza al mondo del reddito fisso, questo T-Bond non si comporta come un classico titolo da cassettista. Il rischio di cambio euro/dollaro rappresenta una variabile decisiva: anche oscillazioni contenute del cross incidono direttamente sul valore delle cedole e sul rimborso finale del capitale.
Su un orizzonte di quattro anni e mezzo, il cambio può muoversi in modo significativo, amplificando o erodendo il rendimento effettivo. A questo si aggiungono il rischio di mercato, legato alle variazioni dei tassi, e una duration modificata pari a 3,78, che rende il prezzo sensibile ai movimenti dei rendimenti. Non va trascurato nemmeno il rischio di liquidità, dato che gli scambi sul secondario risultano limitati rispetto ai BTP più trattati.
Proprio per questi motivi, il titolo assume un profilo più speculativo che difensivo. Risulta più adatto a chi segue con attenzione i mercati valutari e valuta anche operazioni di medio-breve periodo, piuttosto che un’attesa passiva fino alla scadenza. Il rateo può attenuare eventuali movimenti sfavorevoli di breve periodo, ma non elimina l’incertezza complessiva.





