Un marito può detrarre le spese di ristrutturazione sostenute per l’abitazione della moglie anche se non vi ha la residenza. La normativa sul bonus ristrutturazioni chiarisce infatti che conta la condizione di familiare convivente, non necessariamente coincidente con l’anagrafe.
Il tema della detrazione delle spese edilizie genera spesso dubbi nei contribuenti, specie quando gli immobili appartengono a più persone o quando vi sono situazioni familiari particolari. La detrazione del 50% per lavori di manutenzione straordinaria o di ristrutturazione edilizia spetta non solo ai proprietari ma anche ai soggetti che sostengono effettivamente la spesa, purché conviventi con il possessore dell’immobile. Questo principio, confermato dall’Agenzia delle Entrate in più documenti di prassi, permette di ampliare il raggio di beneficiari.

Tuttavia, restano dei paletti precisi: occorre dimostrare la convivenza e la spesa deve essere effettivamente rimasta a carico del soggetto che richiede la detrazione. La distinzione tra residenza anagrafica e convivenza di fatto è quindi determinante per capire se il marito, pur avendo la residenza altrove, possa essere considerato familiare convivente ai fini fiscali.
Chi può detrarre le spese di ristrutturazione
La normativa di riferimento è l’articolo 16-bis del TUIR, che regola il bonus ristrutturazioni con detrazione del 50% su un massimo di 96.000 € per unità immobiliare. Non solo i proprietari o titolari di diritti reali possono beneficiarne, ma anche i familiari conviventi, come coniuge, figli, genitori e parenti entro il terzo grado. La convivenza non deve essere intesa come residenza anagrafica, ma come stabile coabitazione nell’immobile oggetto dei lavori.

L’Agenzia delle Entrate, attraverso la circolare 7/E del 2018, ha chiarito che la detrazione spetta al familiare convivente che sostiene la spesa, a condizione che la fattura e il pagamento siano intestati a lui. Pertanto, un marito che sostiene le spese per la casa della moglie può detrarre anche senza residenza nella stessa abitazione, se riesce a dimostrare la convivenza. Questo principio trova conferma anche in successive risposte a interpelli pubblicati dall’Agenzia, che ribadiscono la centralità del requisito sostanziale della convivenza, non quello formale dell’anagrafe.
Residenza diversa e requisito della convivenza
Il caso di un marito che ha residenza in un’altra abitazione di sua proprietà ma sostiene spese per la casa della moglie rientra tra le situazioni particolari. Ai fini fiscali, la residenza non è condizione imprescindibile per essere considerato convivente. Conta la presenza effettiva e continuativa nell’immobile oggetto dei lavori, documentabile anche con elementi di fatto come utenze, bollette o autocertificazioni.
La giurisprudenza e la prassi fiscale concordano sul fatto che la convivenza può sussistere anche senza coincidenza di residenza anagrafica, purché vi sia una stabile coabitazione. In questo scenario, il marito potrà fruire della detrazione del 50% se i bonifici parlanti e le fatture risultano a lui intestati e se la spesa rimane effettivamente a suo carico. L’Agenzia delle Entrate ha più volte ribadito che la detrazione non è concessa se le spese sono state rimborsate o sostenute da altri soggetti, perché il beneficio è personale e legato all’onere effettivamente sopportato.
In conclusione, la residenza anagrafica diversa non impedisce la detrazione: ciò che rileva è la condizione di familiare convivente, che può essere provata anche con documentazione diversa dall’iscrizione anagrafica. Una precisazione fondamentale per chi, come nel caso descritto, si trova a sostenere lavori su immobili intestati al coniuge.