Un aumento della soglia esentasse per i buoni pasto elettronici da 8 € a 10 € potrebbe tradursi in un beneficio netto fino a 500 € l’anno per i lavoratori. Una misura semplice, senza burocrazia aggiuntiva, che inciderebbe direttamente sul potere d’acquisto.
Il dibattito sui buoni pasto è tornato centrale nella discussione economica. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, il Governo valuterebbe la possibilità di portare la soglia di esenzione fiscale per i buoni elettronici da 8 € a 10 € al giorno. Oggi, infatti, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate sull’art. 51 del TUIR, i buoni cartacei sono esenti fino a 4 €, mentre quelli digitali fino a 8 €. Ogni importo eccedente concorre alla formazione del reddito imponibile. Con un aumento a 10 €, un lavoratore che utilizza buoni per circa 220 giornate l’anno potrebbe guadagnare fino a 440–500 € netti in più, senza alcun aggravio contributivo.

La Ragioneria Generale dello Stato stima un costo per l’erario compreso tra 70 e 80 milioni € annui, considerato sostenibile da diverse associazioni di categoria. Secondo FIPE-Confcommercio, la misura sarebbe utile in un contesto di inflazione che ha eroso il valore reale dei salari e della spesa media delle famiglie. Altri esperti, come riportato da Il Sole 24 Ore, sottolineano anche l’effetto positivo in termini di consumi interni, poiché i buoni pasto non possono essere accantonati ma devono essere spesi in tempi brevi.
Cosa prevede la normativa attuale e cosa cambierebbe
Il regime attuale distingue tra buoni cartacei, esenti fino a 4 €, e buoni elettronici, esenti fino a 8 €. La parte eccedente queste soglie è soggetta a IRPEF e contributi previdenziali. Con l’ipotesi di innalzamento a 10 €, l’intero valore di un ticket elettronico da 10 € resterebbe non imponibile. Secondo stime riportate da QuiFinanza, il beneficio netto per ciascun lavoratore dipenderebbe dal numero di giorni effettivi di utilizzo, ma in media si collocherebbe attorno ai 500 € annui. La misura avrebbe effetto immediato, senza necessità di ulteriori adempimenti: sarebbe sufficiente che il datore di lavoro eroghi buoni del nuovo valore, che resterebbero automaticamente esenti entro la soglia prevista.

Per il Ministero dell’Economia si tratterebbe di un intervento “mirato” rispetto a un aumento generalizzato delle retribuzioni, con un rapporto costi-benefici favorevole. Non va dimenticato che in altri Paesi europei strumenti simili hanno soglie più alte: in Francia, ad esempio, il limite giornaliero per i ticket restaurant è di 13 €, anche se con regole differenti di utilizzo.
Impatto su lavoratori, imprese ed esercenti
Per i lavoratori l’aumento significherebbe più reddito disponibile, senza burocrazia aggiuntiva né ritenute. Per le imprese, i buoni pasto restano uno strumento di welfare aziendale deducibile e privo di oneri contributivi entro soglia, il che rende la misura sostenibile anche dal lato datoriale. Per gli esercenti, la novità si inserisce in un contesto di riforma: dal 1° settembre 2025 è stato introdotto il tetto del 5 % alle commissioni applicabili agli esercizi convenzionati, come ricordato da FIPE-Confcommercio. Questo intervento dovrebbe ridurre i costi di accettazione dei buoni, stimati in passato anche oltre il 15 %, rendendo più vantaggioso l’utilizzo per bar, ristoranti e supermercati. L’Osservatorio Buoni Pasto sottolinea che un valore più alto favorirebbe anche la diffusione di abitudini alimentari corrette, riducendo il ricorso a pasti veloci di scarsa qualità. In sintesi, il rialzo della soglia a 10 € rappresenterebbe un sostegno immediato al potere d’acquisto, con effetti positivi per tutto il sistema: lavoratori, aziende e settore commerciale, ma anche un segnale politico di attenzione al ceto medio.