In pensione a 62 anni nel 2026: 3 alternative da non sottovalutare che ti permettono di ottenere un assegno INPS mensile 5 anni prima

Andare in pensione a 62 anni nel 2026 potrebbe non essere un sogno irraggiungibile. Esistono almeno tre alternative da valutare, anche in caso di carriere frammentate o redditi non elevati. Ma attenzione: ogni opzione ha regole e penalizzazioni da conoscere.

Nel sistema previdenziale italiano, il dibattito sulla flessibilità in uscita è sempre più centrale. A partire dal 2026, potrebbe concretizzarsi la possibilità di andare in pensione anticipata a 62 anni, cinque anni prima rispetto ai 67 previsti per la vecchiaia. Tre opzioni si distinguono per requisiti e convenienza: la cosiddetta Quota 41 flessibile, la Quota 41 per i precoci e il Bonus contributivo per chi posticipa.

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In pensione a 62 anni nel 2026: 3 alternative da non sottovalutare che ti permettono di ottenere un assegno INPS mensile 5 anni prima – crypto.it

Ogni alternativa consente di accedere a un assegno INPS anticipato, ma non senza conseguenze sull’importo mensile. Secondo quanto riportato da fonti autorevoli come InvestireOggi e Il Sole 24 Ore, il governo starebbe valutando la conferma di strumenti già in vigore e l’introduzione di nuove misure calibrate sul profilo del lavoratore. Vediamo nel dettaglio le differenze.

Pensione a 62 anni con Quota 41 flessibile e opzione per i precoci

La prima opzione è la cosiddetta Quota 41 flessibile, destinata a chi avrà almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi versati nel 2026. Questa formula prevede una penalizzazione del 2% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni, fino a un massimo del 10% sull’importo dell’assegno mensile. Si tratterebbe quindi di una via d’uscita più sostenibile rispetto alle penalizzazioni oggi previste con il calcolo contributivo puro.

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Pensione a 62 anni con Quota 41 flessibile e opzione per i precoci – crypto.it

Una misura simile già esiste per chi rientra nella categoria dei cosiddetti lavoratori precoci. La Quota 41 tradizionale consente infatti di uscire dal lavoro con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica, ma solo se si è cominciato a lavorare prima dei 19 anni e si appartiene a determinate categorie: addetti a mansioni usuranti, caregiver, disoccupati o invalidi civili almeno al 74%. In questo caso, non è prevista alcuna penalizzazione, rendendola l’alternativa più favorevole tra le tre, se si rientra nei requisiti.

Bonus Giorgetti e valutazioni per chi rinvia la pensione

Chi non vuole o non può accedere a queste due soluzioni può considerare una terza strada: proseguire il lavoro e beneficiare del cosiddetto Bonus Giorgetti, un incentivo pensato per chi posticipa la pensione nonostante abbia già maturato i requisiti minimi. Secondo quanto anticipato da Il Sole 24 Ore, il bonus consente al lavoratore di non versare i contributi a proprio carico e di ricevere un premio in busta paga pari al 9,19% della retribuzione. Questo strumento, previsto fino al raggiungimento dei 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne), potrebbe diventare una leva importante per chi punta a un assegno pensionistico più elevato.

Il beneficio economico di ogni opzione dipenderà dalla propria carriera contributiva e dal reddito personale. Le ipotesi allo studio prevedono modelli flessibili di uscita capaci di bilanciare sostenibilità e tutela sociale. Per chi rientra nei requisiti, il 2026 potrebbe davvero rappresentare un anno di svolta. Ma ogni scelta dovrà essere valutata con attenzione, anche tramite strumenti di simulazione INPS o il supporto di un patronato qualificato.

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