Successioni ed eredità: la scelta di Gennaro che rende il 3% e azzera le tasse con il trucco legale che vale più di 44.000 euro

Gennaro ha 81 anni e sul suo conto corrente ci sono 2,1 milioni di euro. Una somma frutto di anni di lavoro e sacrifici, che vuole lasciare in eredità al figlio unico. Un dubbio però lo tormenta: quante tasse dovrà pagare il figlio quando lui non ci sarà più?

Decide così di parlare con il direttore della banca, poi con il suo avvocato e infine con il notaio di fiducia. Le risposte non sono tutte uguali, ma tutte portano allo stesso punto: l’imposta di successione può fare la differenza. Il tema non riguarda solo grandi patrimoni come il suo, ma chiunque abbia denaro liquido da trasmettere. Dietro quelle cifre si nascondono regole precise, spesso poco conosciute, che cambiano il destino dei risparmi. Il caso di Gennaro diventa così un esempio chiaro per comprendere cosa prevede davvero la legge italiana.y

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Seduto nello studio della banca, Gennaro ascolta il direttore che gli spiega: se il patrimonio resta interamente sul conto corrente, al momento della successione verrà calcolata l’imposta. La legge prevede che i figli abbiano una franchigia di un milione di euro ciascuno. Significa che quella parte è esente, ma tutto ciò che la supera viene tassato al 4 per cento. Nel suo caso, l’eccedenza è di 1,1 milioni. La tassa sarebbe quindi di 44.000 euro.

Per Gennaro è una cifra importante: pensa che quei soldi potrebbero servire al figlio e non allo Stato. Così, con l’aiuto dell’avvocato, cerca di capire se esistono alternative legittime. Anche il notaio conferma: le norme sono chiare, ma ci sono strumenti che non entrano nella base imponibile e quindi sfuggono all’imposta di successione.

Il dialogo si fa più interessante quando il direttore della banca tira fuori un esempio concreto: i buoni fruttiferi postali. Non solo sono sicuri perché garantiti dallo Stato, ma hanno una caratteristica decisiva: non vengono conteggiati ai fini dell’imposta di successione. In pratica, se Gennaro spostasse i suoi 2,1 milioni in buoni, il figlio non pagherebbe nulla di tassa sul capitale ereditato. Resterebbe solo la tassazione ridotta del 12,5 per cento sugli interessi.

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L’avvocato di Gennaro mette subito sul tavolo un esempio pratico: se il patrimonio resta in conto corrente, il figlio riceverà sì i 2,1 milioni, ma dovrà versare 44.000 euro di imposta. Non una cifra simbolica, ma un vero e proprio costo da pagare allo Stato. È l’effetto diretto della franchigia di un milione, che nel caso di un unico erede non basta a coprire l’intero patrimonio.

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Il notaio aggiunge un altro scenario: se Gennaro avesse tre figli invece che uno, i 2,1 milioni si dividerebbero in tre parti uguali da 700.000 euro ciascuno. In quel caso, nessuno dei figli supererebbe la franchigia e l’imposta di successione non si applicherebbe. Ecco perché la legge funziona in modo diverso a seconda del numero e del grado di parentela degli eredi.

Se l’erede fosse un fratello, invece, la franchigia sarebbe molto più bassa, solo 100.000 euro. Su tutto il resto scatterebbe un’imposta del 6 per cento. Per cugini, zii o amici non c’è franchigia e l’aliquota può arrivare fino all’8 per cento. È in questi casi che il fisco diventa davvero incisivo, riducendo in modo netto ciò che resta agli eredi.

Il buono postale che cambia la successione

Il direttore della banca torna a parlare dei buoni postali, in particolare del Buono 4 anni Plus. Questo strumento oggi offre un rendimento complessivo più alto rispetto ai BTP con scadenza residua di quattro anni, che rendono circa tra il 2,17 e il 2,27 per cento annuo lordo. La differenza può sembrare minima, ma in realtà, su cifre come quelle di Gennaro, diventa significativa.

Inoltre, la forza dei buoni postali non è solo nel rendimento, ma nel fatto che non vengono calcolati nell’imposta di successione. Per il figlio di Gennaro significherebbe ricevere l’intero capitale senza versare quei 44.000 euro allo Stato. È un vantaggio enorme, ottenuto semplicemente scegliendo uno strumento previsto e tutelato dalla normativa italiana.

L’avvocato sottolinea che non si tratta di un trucco, ma di una regola chiara: il legislatore ha deciso di escludere i titoli di Stato e i buoni postali dalla tassazione ereditaria. Il notaio annuisce, aggiungendo che pianificare oggi significa evitare problemi domani.

Così, quello che sembrava solo un dubbio diventa per Gennaro una scelta concreta. Tra lasciare il denaro sul conto e vederlo ridotto dalle tasse, o spostarlo in strumenti che proteggono il patrimonio, la decisione appare molto più semplice. Non si tratta di eludere, ma di utilizzare correttamente le possibilità offerte dalla legge.

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