Quando un bene di famiglia rischia di finire all’asta, può nascere la tentazione di spostarlo velocemente su un altro nome. Una mossa che pare astuta ma che può trasformarsi in un autogol, se la legge ha già messo gli occhi su quell’immobile. In questi casi, è utile sapere cosa accade davvero quando si tenta di evitare il pignoramento con una donazione. Non tutto è perduto, ma neanche tutto è lecito. E agire in modo impulsivo può aprire nuovi problemi invece di risolverli.
Capita, soprattutto nei momenti di difficoltà, di pensare a soluzioni drastiche. Se i debiti si accumulano e arriva la notifica di un atto esecutivo, c’è chi corre dal notaio per intestare la casa a un figlio, un fratello, o un genitore anziano. Magari con l’idea che, una volta fuori dal patrimonio, il bene non potrà più essere toccato dai creditori.

Ma non è sempre così. La legge, in questi casi, ha previsto delle contromisure precise, che permettono ai creditori di difendersi da questi trasferimenti strategici. Ed è proprio qui che le cose iniziano a complicarsi.
Quando la donazione non protegge: l’azione revocatoria entra in scena
Una delle mosse più frequenti in caso di difficoltà economica è donare un immobile a un familiare. Ma questo gesto, se fatto con l’intento di sfuggire ai debiti, può essere annullato. La legge parla chiaro: se la donazione causa un danno ai creditori, questi possono chiedere al giudice che venga considerata inefficace.

Un esempio concreto arriva da un caso in provincia di Firenze: un uomo con una pendenza fiscale verso l’INPS decide di donare un terreno agricolo al figlio. Il valore del terreno è modesto, ma è l’unico bene registrato a suo nome. Nonostante l’atto sia stato fatto mesi prima del pignoramento, l’ente previdenziale ha chiesto e ottenuto la revoca della donazione. Il motivo? Il bene rappresentava l’unica possibilità di recupero del credito.
Il giudice non ha dovuto dimostrare che il padre volesse danneggiare l’INPS. È bastato verificare che la donazione avesse reso più difficile, se non impossibile, la riscossione del debito.
In un altro caso, a Torino, un artigiano ha donato un piccolo appartamento alla sorella, pochi mesi dopo essere stato citato in giudizio da un fornitore. Anche in questo caso, l’azione revocatoria è andata a buon fine. Nonostante i rapporti familiari, il trasferimento è stato giudicato dannoso per il creditore, che ha potuto procedere con l’esecuzione sul bene.
La revocatoria può essere richiesta entro cinque anni dal rogito della donazione, e si applica anche se il creditore scopre l’atto solo in un secondo momento. Non serve nemmeno dimostrare un’intenzione fraudolenta: è sufficiente provare che l’operazione ha peggiorato la posizione del creditore.
Quando la trascrizione del pignoramento batte la donazione
Oltre alla revocatoria, esiste un altro strumento che consente di bloccare i tentativi di salvare un bene donandolo: si tratta della trascrizione del pignoramento nei registri immobiliari, regolata dall’art. 2929-bis del Codice Civile.
La regola è questa: se la donazione è avvenuta dopo la nascita del debito e il creditore trascrive il pignoramento entro un anno dalla data dell’atto, può procedere all’esecuzione anche se il bene non è più intestato al debitore.
Un caso emblematico è quello di una signora di Verona che ha donato la sua villetta al nipote pochi giorni dopo la notifica di una cartella esattoriale da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’atto è stato regolarmente registrato, ma l’agenzia ha trascritto il pignoramento entro il termine previsto e ha messo all’asta l’immobile. La donazione, in quel caso, non ha fermato nulla.
Questo meccanismo serve proprio ad anticipare o evitare l’azione revocatoria, che richiede un giudizio e tempi più lunghi. La trascrizione tempestiva consente al creditore di proseguire con l’esecuzione in modo più diretto.
Attenzione: questo vale solo per le donazioni o gli atti gratuiti, non per le vendite a titolo oneroso, dove il creditore deve comunque provare che si è trattato di un’operazione fittizia o pregiudizievole.
La donazione di un bene, quindi, può diventare un’arma a doppio taglio. In alcuni casi è una mossa inefficace, in altri addirittura pericolosa. Se la situazione debitoria è grave, conviene sempre valutare alternative legali, come la negoziazione assistita o la composizione della crisi, invece di optare per scorciatoie che rischiano di peggiorare tutto.