Bitcoin entra per la prima volta nel dibattito sulle riserve sovrane. Intanto l’oro continua a dominare, mentre il dollaro si indebolisce. Una svolta silenziosa, ma concreta, nella composizione patrimoniale delle banche centrali.
Negli ultimi mesi si è intensificato il dibattito attorno alla de-dollarizzazione e alla crescente diversificazione delle riserve internazionali. Il contesto geopolitico instabile, l’inflazione persistente e la perdita di fiducia verso il dollaro statunitense hanno portato molte nazioni a ripensare la propria strategia patrimoniale. L’attenzione si concentra su beni rifugio consolidati come l’oro, ma anche su alternative emergenti. Ed è proprio in questo scenario che Bitcoin ha fatto il suo ingresso nel discorso ufficiale delle riserve, secondo quanto riportato da BlackRock nel suo ultimo rapporto di luglio 2025. L’asset digitale comincia a essere valutato da alcune istituzioni statali come strumento di protezione patrimoniale e copertura contro le fluttuazioni valutarie.

I dati raccolti da fonti autorevoli come Crypto.news, MarketWatch e AINVEST suggeriscono che questo movimento non è più solo teorico. Sebbene l’adozione sovrana sia ancora agli inizi, i segnali indicano un cambiamento strutturale nella gestione delle riserve. In parallelo, l’oro conferma la propria centralità, anche grazie a un aumento storico delle acquisizioni da parte delle banche centrali. Le riserve auree globali, infatti, hanno raggiunto i massimi da oltre cinquant’anni.
L’oro si rafforza come riserva globale mentre il dollaro perde peso
Secondo il report BlackRock, nel 2024 le banche centrali hanno acquistato oltre 1.000 tonnellate di oro, portando il totale delle riserve mondiali a circa 36.000 tonnellate. Questa tendenza è confermata anche nei primi mesi del 2025: nei soli primi tre mesi dell’anno sono state accumulate 244 tonnellate, segnando un nuovo record. L’oro rappresenta ormai circa il 20 % delle riserve globali, mentre il dollaro è sceso al 46 %, con un calo di oltre 10 punti percentuali rispetto a dieci anni fa. Lo stesso euro si mantiene stabile al 16 %, mentre le altre valute, inclusi yuan e franco svizzero, raggiungono il 18 % complessivo.

Secondo Crypto.news, le tensioni geopolitiche e il peso crescente del debito americano avrebbero spinto le istituzioni a cercare coperture alternative. Inoltre, l’indebolimento del dollaro negli ultimi sei mesi – circa il 10 % – rappresenta il calo più rapido dal 1973. Anche il mercato ETF legato all’oro ha registrato afflussi significativi, pari a circa 30 miliardi $ nel primo semestre 2025, riportandosi ai livelli visti l’ultima volta nel 2020.
Bitcoin inizia a emergere nelle discussioni sulle riserve sovrane
Per la prima volta, Bitcoin entra ufficialmente nelle valutazioni delle banche centrali, anche se nessuna detiene ancora BTC in modo dichiarato. Secondo quanto riportato da AINVEST, la Banca Nazionale Ceca avrebbe preso in considerazione un’allocazione del 5 % del proprio portafoglio, pari a circa 140 miliardi €, in asset digitali come il Bitcoin. Altri attori istituzionali stanno valutando scenari simili, spinti dalla riduzione della volatilità e da una maggiore chiarezza normativa, grazie a provvedimenti come il CLARITY Act e il Genius Bill negli Stati Uniti.
Anche alcuni enti statali hanno già agito. Gli Stati Uniti detengono circa 200.000 BTC sequestrati, considerati una riserva strategica. Il Texas ha avviato una riserva da 10 milioni $ in Bitcoin, mentre il Bhutan avrebbe allocato fino al 28 % del PIL in asset digitali. I dati di MarketWatch mostrano come l’iShares Bitcoin Trust di BlackRock abbia superato gli 80 miliardi $ in asset gestiti, registrando flussi superiori rispetto a quelli degli ETF sull’oro nella loro fase iniziale.
Anche il prezzo di Bitcoin ha reagito: a luglio 2025 ha toccato un picco di 123.000 $, spinto da investimenti istituzionali per oltre 50 milioni $. Il suo ingresso nel dibattito sulle riserve rappresenta un punto di svolta: un asset una volta considerato troppo volatile inizia a essere analizzato con gli stessi parametri di strumenti più tradizionali. L’interesse delle banche centrali, seppur ancora in fase esplorativa, potrebbe ridefinire il concetto stesso di riserva monetaria nei prossimi anni.