Affitti brevi sotto accusa nei condomìni: una nuova sentenza fa tremare i proprietari di B&B. Una clausola spesso ignorata nei regolamenti condominiali può diventare decisiva. È successo a Roma, ma può valere ovunque. Ecco cosa sta cambiando nel silenzio generale, tra rendite messe in discussione e diritti che sembravano acquisiti. C’è chi parla già di rivoluzione legale nel turismo urbano.
In una palazzina d’epoca, in pieno centro di Roma, qualche condomino ha deciso di affittare il proprio appartamento come affittacamere. Niente di nuovo, in fondo. Ma quando le scale si sono riempite di valigie, l’ascensore era sempre occupato e la quiete del cortile sembrava un ricordo lontano, qualcosa è scattato. Il condominio ha fatto causa e il giudice ha chiesto la chiusura dell’attività.

Fin qui, un semplice contenzioso. Ma quello che ha davvero sorpreso è stato l’intervento della Corte d’Appello, con la sentenza 3419/2025, che ha confermato il divieto basandosi sul regolamento condominiale contrattuale. Nessuna norma comunale o nuova legge: solo un documento che spesso si firma distrattamente all’acquisto di un immobile.
Eppure è proprio lì che può nascondersi la chiave per bloccare un’attività. Se il regolamento dice chiaramente che sono vietate attività produttive o locazioni brevi sotto i sei mesi, allora nemmeno il più redditizio dei B&B può superare quella barriera. Perché quel documento è vincolante. Anche per gli inquilini successivi, per gli acquirenti futuri e persino per chi eredita l’immobile. E lo è ancora di più se le clausole sono scritte in modo esplicito e inserite negli atti di acquisto o nei contratti di locazione.
Sentenza storica a Roma: perché i regolamenti contrattuali possono bloccare B&B e affittacamere nei palazzi condominiali
La Corte d’Appello di Roma, nella sua sentenza n. 3419/2025, ha dato forza giuridica a un concetto spesso sottovalutato: il regolamento condominiale contrattuale può limitare, e in certi casi vietare, le locazioni brevi e le attività extralberghiere come i B&B. La vicenda ha preso forma quando il condominio ha citato in giudizio i proprietari che avevano trasformato i propri appartamenti in stanze per turisti, in violazione del divieto di attività produttive e affitti inferiori a sei mesi.

Il primo grado aveva già accolto le ragioni del condominio, ma è stato l’appello a cristallizzare un principio fondamentale: non si può parlare di semplice affitto quando l’attività prevede servizi come pulizia, cambio biancheria, check-in e check-out. Tutto questo rientra nel concetto di produttività, legato all’articolo 2082 del Codice Civile, tipico delle imprese. E un condominio, con un regolamento adeguato, può legittimamente impedirlo.
Per funzionare, il divieto deve però essere chiaro, specifico e inserito per intero nei contratti. Il richiamo generico al regolamento non basta. Questo punto è stato già ribadito dalla Cassazione (sentenza n. 24526/2022), ma ora trova ulteriore forza in questa nuova pronuncia romana.
L’impatto non è solo teorico. In molte città italiane, soprattutto nei centri storici e nelle zone turistiche, i B&B in condominio sono aumentati vertiginosamente. Ma ora, grazie a questa sentenza, i residenti hanno un’arma in più per opporsi. La clausola che sembrava una formalità può diventare un vero scudo a difesa della qualità della vita condominiale.
Come il regolamento condominiale può difendere la convivenza e fermare gli affitti turistici che disturbano la quiete
Chi vive in un condominio sa che il confine tra tolleranza e disagio può essere sottile. Quando ogni giorno arrivano nuovi ospiti, con orari sballati, trolley rumorosi e conversazioni notturne sui pianerottoli, la convivenza si fa complicata. E anche se i proprietari hanno diritto a usare i propri appartamenti come meglio credono, questo diritto può essere limitato da un regolamento contrattuale che pone paletti precisi.
La sentenza 3419/2025 dà quindi voce a una realtà spesso ignorata: il rispetto della quiete, della sicurezza e del decoro condominiale può avere valore giuridico. Non basta rispettare la legge nazionale o le normative comunali: in un contesto condiviso, valgono anche le regole stabilite tra privati. E se nel regolamento si vietano locazioni turistiche brevi o attività che comportano un uso intensivo delle parti comuni, il giudice può imporne la cessazione.
Questo non significa che i B&B siano illegali. Ma vuol dire che ogni proprietario deve fare attenzione a ciò che ha sottoscritto. Perché in condominio, libertà e regole vanno di pari passo. Non si tratta solo di carta: un semplice paragrafo può valere più di qualsiasi autorizzazione ottenuta altrove. In un’epoca in cui l’economia turistica penetra ovunque, questa consapevolezza è fondamentale.