Case donate ai figli e cartelle esattoriali ancora da pagare: può sembrare tutto sotto controllo, ma c’è un dettaglio che in molti trascurano. Quando il fisco bussa alla porta, anche un atto di donazione fatto anni prima può diventare un problema. Non bastano le buone intenzioni per proteggere i propri cari dai debiti: servono anche tempi giusti, scelte consapevoli e un pizzico di prudenza. E se ci sono figli di mezzo, l’ultima cosa che si vuole è metterli nei guai.
In presenza di cartelle esattoriali ancora in corso di pagamento, la scelta di interrompere la rateizzazione solleva interrogativi importanti, soprattutto quando il patrimonio è stato già trasferito ai figli tramite donazione. Può sembrare che, avendo donato le proprietà, non ci sia più nulla da temere.

Ma la realtà è più complessa di quanto si possa immaginare. Anche in assenza di beni formalmente intestati al debitore, il fisco può comunque agire se ritiene che il trasferimento sia avvenuto per evitare l’esecuzione forzata.
Donare le case ai figli, infatti, non sempre garantisce la piena protezione del patrimonio. Se dalla data della trascrizione della donazione non sono ancora trascorsi cinque anni, è possibile che venga avviata un’azione revocatoria da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione. In questo modo, l’atto di donazione può essere reso inefficace e gli immobili possono tornare ad essere considerati parte del patrimonio del debitore.
Quando la donazione rischia di non proteggere davvero
Anche se la donazione è avvenuta prima della formazione del debito, l’Agenzia delle Entrate può tentare comunque la revoca se riesce a dimostrare che l’intento alla base era quello di sottrarre i beni alla garanzia del creditore. In questi casi, è fondamentale valutare non solo il momento in cui è avvenuta la donazione, ma anche i comportamenti successivi. Smettere improvvisamente di pagare le tasse dopo aver trasferito gli immobili ai figli può essere visto come un segnale chiaro di volontà elusiva.

Se invece sono già passati cinque anni dalla donazione, l’azione revocatoria non è più praticabile. Tuttavia, questo non impedisce al fisco di intervenire su altri elementi patrimoniali disponibili, come ad esempio la pensione. Quest’ultima può essere pignorata in parte, con limiti ben precisi: un decimo se sotto i 2.500 euro, un settimo fino a 5.000 euro, e un quinto oltre questa soglia.
Quanto alla posizione degli eredi, i debiti fiscali non si trasmettono automaticamente. Per evitare responsabilità, è necessario rinunciare all’eredità, espressamente o tacitamente. Anche gesti semplici, come pagare una bolletta intestata al defunto, possono essere interpretati come accettazione. Per questo è importante agire in modo formale, tramite un notaio o il tribunale, entro dieci anni dalla morte del debitore.
Chi rinuncia non perde tutti i diritti. Il coniuge superstite mantiene, ad esempio, il diritto di abitazione nella casa familiare e conserva l’accesso alla pensione di reversibilità. Allo stesso modo, eventuali polizze vita restano intatte. Questi elementi possono pesare nella decisione finale.
È facile pensare che basti spostare i beni per mettere tutto al sicuro. Ma la legge guarda oltre le apparenze. E se le tempistiche non sono rispettate o i comportamenti successivi alimentano sospetti, anche un atto formale come una donazione può rivelarsi inefficace.