Con il petrolio sotto i 60 $ e l’oro verso nuovi record, il divario tra ciclici e difensivi non è mai stato così evidente

Negli ultimi sei mesi, il petrolio ha perso oltre il 25%, mentre l’oro ha guadagnato più del 26%. Due traiettorie opposte che raccontano molto più di una semplice divergenza tecnica. Tra dati sulle scorte, strategie dell’OPEC+ e tensioni macroeconomiche, i due asset stanno riflettendo direzioni differenti dei mercati e cambiamenti nelle aspettative degli investitori.

A colpo d’occhio, la differenza tra oro e petrolio può sembrare ovvia: il primo è rifugio, il secondo è ciclico. Eppure, mai come negli ultimi mesi questa distanza si è allargata, disegnando una curva chiara: mentre il greggio cede terreno sotto il peso di eccesso d’offerta e domanda in calo, il metallo giallo continua la sua corsa sostenuto da banche centrali e incertezza economica.

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Con il petrolio sotto i 60 $ e l’oro verso nuovi record, il divario tra ciclici e difensivi non è mai stato così evidente – crypto.it

Comprendere questa dinamica non significa solo osservare due asset in contrapposizione, ma cogliere segnali utili per orientarsi tra settori, settori azionari e strumenti di protezione. A fine maggio, il WTI ha chiuso a 58,67 $, mentre l’oro ha consolidato sopra i 3.230 $, guadagnando oltre il 26% dai minimi di novembre. Un gap che sta rivelando precise implicazioni operative anche per chi guarda al mercato azionario italiano.

Petrolio in calo: settori penalizzati e prospettive incerte

Il primo colpo per il petrolio è arrivato con i dati IEA pubblicati a maggio: a marzo, le scorte mondiali totali sono aumentate di 25,1 milioni di barili, mentre quelle di greggio sono salite addirittura di 57,8 milioni. Un dato squilibrato, che ha mostrato chiaramente un eccesso di offerta non compensato dalla domanda. Il secondo affondo è stato politico: l’OPEC+ ha annunciato l’aumento graduale della produzione da luglio, con +411.000 barili al giorno, una scelta che ha spaventato i mercati in assenza di segnali chiari di recupero dei consumi.

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Petrolio in calo: settori penalizzati e prospettive incerte – crypto.it

Le previsioni per il 2025 sono state tagliate: secondo Reuters, il Brent è visto a 66,98 $ e il WTI a 63,35 $, in calo rispetto al mese precedente. Goldman Sachs ha abbassato le proprie stime e Bank of America ha dimezzato le attese di crescita della domanda globale, portandole a 450.000 barili al giorno. Tutto questo ha impatti concreti sui titoli legati al settore: ENI, Tenaris e Saipem rischiano una compressione dei margini. Tenaris, ad esempio, mostra un P/E a 9,66 e un EV/EBITDA a 4,98, multipli ancora interessanti ma che iniziano a scontare una minore redditività futura.

Oro in rialzo: difesa attiva e settori indirettamente premiati

Nel frattempo, l’oro ha fatto segnare una performance da manuale da asset rifugio. A spingere il metallo giallo è stata una combinazione potente: banche centrali ancora attive sul fronte degli acquisti – con una media mensile prevista di 80 tonnellate – e una crescente richiesta di copertura contro instabilità geopolitiche e potenziali tagli ai tassi. Secondo Goldman Sachs, l’oro potrebbe raggiungere i 3.700 $ l’oncia entro fine 2025, con scenari che spingono fino a 4.000 $ in caso di turbolenze più gravi. UBS e BNP Paribas hanno alzato le loro stime a 3.500 $ e 3.100 $rispettivamente.

Questa corsa sta premiando, in modo diretto, chi investe in ETF o strumenti legati all’oro fisico, ma ha effetti anche su titoli del comparto minerario globale (non presenti in Italia) e, in modo indiretto, su aziende più difensive. In Borsa Italiana, i settori chimico, alimentare, manifatturiero e trasporti stanno beneficiando dei minori costi energeticiderivanti dal calo del petrolio, in parallelo alla tenuta dell’oro come indicatore di avversione al rischio. Un mix che sta offrendo spunti operativi interessanti anche a chi guarda alla rotazione settoriale.

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