Hai un’invalidità civile riconosciuta e ti chiedi quando potresti lasciare il lavoro? Esiste una soglia precisa, che se superata può cambiarti la vita. Non è una leggenda urbana né un vantaggio per pochi: è previsto dalla legge, ma non tutti sanno come funziona. A fare la differenza sono età, contributi e percentuale di invalidità. E proprio qui sta il punto: sapere è potere, anche quando si parla di pensione.
Immagina di aver lavorato per anni, magari con una malattia che ti ha tolto energia o ti ha costretto a rivedere ogni aspetto della tua vita quotidiana. Quando arriva il momento del riconoscimento dell’invalidità civile, non si tratta solo di un documento. È un punto di svolta.

Per molti, è anche l’occasione per rivedere i propri diritti sul lavoro, compresa la possibilità di andare in pensione prima. Ma tra tabelle, requisiti e domande da compilare, è facile perdersi.
Non tutti sanno che una invalidità pari o superiore al 74% apre le porte a una serie di possibilità pensionistiche anticipate. Non sono automatismi, e ogni percorso ha le sue regole. Eppure, se conosci i tuoi diritti, puoi trovare la strada giusta per te.
Ape Sociale e Opzione Donna: uscire prima dal lavoro è possibile
Chi ha una invalidità riconosciuta almeno del 74% può accedere all’Ape Sociale, che consente di andare in pensione a 63 anni e 5 mesi, con 30 anni di contributi. Per le donne, c’è una riduzione dell’anzianità contributiva: un anno in meno con un figlio, due con più figli. Il trattamento, però, non può superare i 1.500 euro lordi al mese e richiede la cessazione dell’attività lavorativa.

Le donne possono anche scegliere l’Opzione Donna, se hanno almeno 35 anni di contributi e 61 anni di età. Anche qui il requisito anagrafico si riduce se si hanno figli. Il calcolo dell’assegno avviene interamente con il sistema contributivo, spesso meno favorevole, ma permette un’uscita anticipata, mantenendo la possibilità di lavorare da autonome.
Invalidità all’80% o Quota 41: percorsi alternativi poco conosciuti
Con una invalidità dell’80% o superiore, è prevista la pensione anticipata di vecchiaia: a 61 anni per gli uomini, 56 per le donne, con almeno 20 anni di contributi (o 15 in casi specifici). Questa opportunità è riservata ai lavoratori del settore privato. Dipendenti pubblici e autonomi restano esclusi.
Infine, esiste la Quota 41 per i lavoratori precoci: chi ha versato contributi prima dei 19 anni può andare in pensione con 41 anni di contributi, se ha un’invalidità almeno del 74%. Non conta l’età anagrafica, ma una volta in pensione, non è possibile cumulare redditi da lavoro.
Esistono, insomma, strade diverse per chi ha subito una perdita della capacità lavorativa. Capirle e attivarsi nel momento giusto può fare la differenza tra un diritto ignorato e una vita più dignitosa.
Per opportuni approfondimenti il consiglio è quello di rivolgersi a un Patronato o a un consulente.