Hai mai pensato che, dopo un divorzio, l’assegno di mantenimento sia un diritto garantito? E se ti dicessero che non è affatto così semplice? Avere meno soldi dell’ex non basta più: oggi conta se ti sei davvero dato da fare per essere autonomo.
E se sei giovane, in salute, con un titolo di studio in tasca e zero iniziativa, potresti ricevere una brutta sorpresa. Una recente decisione della Cassazione lo dimostra con chiarezza. La parola d’ordine? Responsabilità.

Quando finisce un matrimonio, le emozioni si mescolano alla burocrazia. Non è solo una questione di sentimenti: spesso ci si ritrova a fare i conti, letteralmente, con un futuro economico incerto. Una delle domande più comuni è: “Ho diritto a un assegno di divorzio?”. Per molti anni la risposta sembrava scontata: se durante il matrimonio uno dei due coniugi ha rinunciato alla propria carriera per la famiglia, l’altro avrebbe dovuto aiutarlo anche dopo la separazione.
Ma oggi questa visione è superata. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10035 del 2025, ha confermato un cambiamento profondo. Non basta più dimostrare di avere meno soldi dell’ex: bisogna provare, in modo concreto, di non riuscire davvero a mantenersi da soli. E questo significa non solo non lavorare, ma anche dimostrare di non potersi mantenere nonostante gli sforzi.
L’assegno divorzile non è un diritto automatico
Chi chiede l’assegno di divorzio oggi deve fare molto di più che presentare un ISEE basso. Deve mostrare di aver tentato seriamente di rientrare nel mondo del lavoro, di essersi formato, di aver inviato curricula, fatto colloqui, cercato opportunità. Se il giudice ritiene che ci siano le condizioni per lavorare e che il richiedente non abbia fatto abbastanza per farlo, l’assegno non viene riconosciuto.

Questo vale in particolare per chi è in salute, ha meno di 50 anni e un buon livello di istruzione. In questi casi, se non si dimostra una reale impossibilità (e non solo la mancanza di volontà), si perde il diritto al sostegno.
Inoltre, non è la ricchezza dell’ex coniuge a decidere se l’assegno va concesso. Prima viene valutata la situazione di chi lo richiede. Solo se si accerta una reale impossibilità economica oggettiva e incolpevole, si passa a considerare il reddito dell’altro per stabilire l’importo dell’assegno.
Anche la durata del matrimonio e i sacrifici fatti in passato possono influire, ma non bastano da soli. Chi ha avuto un ruolo attivo nella famiglia, rinunciando a opportunità lavorative per sostenere l’altro coniuge, può ottenere un riconoscimento. Ma se quel sacrificio è lontano nel tempo e non seguito da tentativi di rimettersi in gioco, non basta per ottenere l’assegno.
Alla fine, il messaggio è chiaro: l’assegno divorzile non è una rendita, ma un supporto per chi davvero non ce la fa, non per chi aspetta senza fare nulla.