Il rientro in Italia dopo un’esperienza di lavoro all’estero può aprire le porte a importanti agevolazioni fiscali. Il regime speciale per rimpatriati, disciplinato dal DLgs 147/2015, consente una riduzione significativa delle imposte sui redditi per diversi anni. Ma cosa accade se nel frattempo nasce un figlio o si acquista un immobile? La normativa prevede una proroga automatica che può allungare il beneficio fiscale fino a dieci anni complessivi.
Molti lavoratori espatriati che hanno trascorso un periodo all’estero si trovano a fare i conti con il rientro e con la possibilità di accedere a incentivi mirati a favorire il cosiddetto “rientro dei cervelli”. In questo contesto, il regime dei rimpatriati rappresenta un’opportunità concreta: riduce la base imponibile Irpef e rende più conveniente tornare in Italia. La durata standard è di cinque anni, ma grazie alle modifiche introdotte negli ultimi anni, la permanenza nel regime può essere estesa ulteriormente.

La domanda che spesso si pongono i beneficiari riguarda i requisiti per la proroga quinquennale. È sufficiente avere un figlio? Serve un immobile residenziale in Italia? O entrambe le condizioni? La normativa distingue chiaramente le ipotesi e, come vedremo, non richiede particolari adempimenti da parte del lavoratore.
Il regime agevolato per rimpatriati: come funziona
L’art. 16 del DLgs 147/2015 stabilisce che i lavoratori dipendenti, autonomi e imprenditori che trasferiscono la residenza fiscale in Italia possano beneficiare di una riduzione dell’Irpef sui redditi di lavoro. Nella versione ordinaria, la misura prevede un’agevolazione per cinque periodi d’imposta.
Il meccanismo è semplice: una percentuale del reddito prodotto in Italia viene esclusa da imposizione, riducendo di conseguenza la base imponibile. L’obiettivo dichiarato dal legislatore è quello di incentivare il ritorno di competenze e professionalità, rendendo il rientro fiscalmente vantaggioso.

Un punto chiave riguarda la data del trasferimento: chi ha riportato la residenza in Italia entro il 31 dicembre 2023 può ancora applicare integralmente la disciplina previgente, più generosa rispetto alle versioni modificate entrate in vigore dal 2024. Questo significa che oltre ai cinque anni standard si può accedere a un ulteriore quinquennio agevolato se ricorrono i requisiti previsti.
La proroga quinquennale: requisiti e durata
Il comma 3-bis dell’art. 16 del DLgs 147/2015 prevede che il regime dei rimpatriati si estenda per ulteriori cinque periodi d’imposta in presenza di almeno una delle seguenti condizioni: nascita o adozione di un figlio durante il periodo agevolato, oppure possesso di un immobile residenziale in Italia, acquistato nei dodici mesi precedenti al trasferimento o successivamente al rientro.
La proroga è automatica: non è necessario presentare una domanda specifica né effettuare versamenti aggiuntivi. Ciò che conta è la sussistenza del requisito oggettivo, verificabile dall’Agenzia delle Entrate in sede di controlli. In pratica, il lavoratore rimpatriato che ha avuto un figlio nel periodo di agevolazione, o che ha acquistato un’abitazione, vede automaticamente raddoppiare la durata del beneficio da cinque a dieci anni.
Gli esperti di fiscalità internazionale hanno chiarito che questa estensione non comporta modifiche nella misura dell’agevolazione fiscale, ma solo nella sua durata. Il contribuente continuerà quindi a godere della riduzione Irpef alle stesse condizioni iniziali. L’aspetto rilevante è che l’agevolazione rimane pienamente valida anche se il coniuge o l’altro genitore non rientra nei requisiti previsti.
In conclusione, per chi è rientrato entro il 31 dicembre 2023 e ha avuto un figlio, il regime agevolato si estende fino a dieci anni complessivi, senza necessità di ulteriori adempimenti. Una misura che rende ancora più conveniente il rientro in Italia e che conferma la centralità di queste agevolazioni fiscali nel quadro delle politiche di attrazione dei talenti.