L’Occidente non resiste più a Bitcoin, ma lo sta “incanalando”. L’enorme successo degli ETF spot come quello di BlackRock convive con la dura critica della BCE e con i progetti alternativi delle banche centrali. La nuova strategia è chiara: regolare l’asset, non vietarlo, per gestire i rischi senza perdere il treno dell’innovazione.
È pericoloso per l’Occidente resistere a Bitcoin? La domanda, che fino a poco tempo fa divideva nettamente proibizionisti e libertari, oggi ha una risposta molto più complessa e pragmatica. L’era della semplice contrapposizione è finita. L’approvazione degli ETF spot su Bitcoin da parte della SEC americana il 10 gennaio 2024 ha segnato un punto di non ritorno, innescando un processo di adozione mainstream che ha portato decine di miliardi di dollari da Wall Street verso la criptovaluta. Tuttavia, questo non significa un’accettazione incondizionata.

Le principali banche centrali, dalla BCE alla BIS (Banca dei Regolamenti Internazionali), continuano a lanciare allarmi sui rischi sistemici e, contemporaneamente, lavorano a un futuro alternativo basato sulla tokenizzazione degli asset tradizionali. L’Occidente, quindi, non sta più resistendo, ma sta applicando una sofisticata strategia a due vie.
L’adozione mainstream: il successo degli ETF e la via europea della MiCA
Il cambiamento più radicale è avvenuto sul fronte degli investimenti. L’approvazione di 11 ETF spot su Bitcoin da parte della SEC ha “normalizzato” la criptovaluta, rendendola un asset accessibile per fondi pensione, consulenti finanziari e investitori tradizionali. Il successo è stato travolgente: l’iShares Bitcoin Trust (IBIT) di BlackRock, ad esempio, ha raccolto decine di miliardi di dollari in pochi mesi, a conferma di una domanda istituzionale robusta e persistente. Questo ha costretto i regolatori a un cambio di passo: vietare Bitcoin non è più un’opzione praticabile. La strategia è diventata quella di “incanalarlo” in veicoli vigilati che offrono garanzie su custodia, trasparenza e formazione del prezzo.

L’Europa si muove sulla stessa linea con il regolamento MiCA (Markets in Crypto-Assets), le cui prime norme sono entrate in vigore a giugno 2024. Invece di proibire, la MiCA impone regole stringenti su emittenti di stablecoin e fornitori di servizi, con l’obiettivo di proteggere i consumatori e l’integrità del mercato. È un approccio “accogli ma regola”, non di chiusura.
I rischi persistenti e la risposta delle banche centrali
Nonostante l’apertura sul fronte degli investimenti, le principali istituzioni finanziarie occidentali, come la BCE e la BIS, mantengono una visione estremamente critica su Bitcoin come moneta. Le ragioni sono sempre le stesse e sono supportate da dati concreti. La sua estrema volatilità ne impedisce l’uso come unità di conto stabile. Il suo coinvolgimento in attività illecite, come hack e ransomware, rimane una preoccupazione centrale per la sicurezza. Infine, il consumo energetico del suo meccanismo di consenso Proof-of-Work, come monitorato dal Cambridge CBECI, resta un forte ostacolo politico, specialmente in Europa. Per questo, le banche centrali non sono rimaste a guardare. Stanno sviluppando attivamente una visione alternativa per il futuro della finanza. Progetti come Project Cedar della Fed di New York e l’ecosistema mBridge puntano alla tokenizzazione e all’uso di CBDC “wholesale” (all’ingrosso) per rendere più efficienti i pagamenti transfrontalieri e i mercati dei capitali, modernizzando il sistema finanziario esistente senza adottare criptovalute non sovrane e preservando la stabilità monetaria.