I piani di riacquisto di azioni proprie, o buyback, tornano al centro delle strategie societarie nel 2025. Con annunci stimati per 1.100 miliardi di $ negli USA e oltre 10 miliardi di € a Piazza Affari, questo strumento è considerato più flessibile dei dividendi per la gestione del capitale e per sostenere l’utile per azione (EPS), come evidenziato da fonti come il Wall Street Journal, Birinyi Associates e Robeco.
Il mercato finanziario del 2025 è caratterizzato da un’enorme disponibilità di liquidità nelle casse aziendali, spingendo i management a scelte strategiche sull’allocazione del capitale. In questo contesto, i programmi di buyback stanno guadagnando una centralità senza precedenti, diventando una leva fondamentale per ottimizzare la struttura finanziaria e migliorare alcuni indicatori chiave come l’EPS. Gli investitori osservano con attenzione questi piani, valutandone la coerenza con i fondamentali e le politiche di payout complessive.

A differenza dei dividendi, i riacquisti di azioni proprie offrono una flessibilità operativa che, secondo diversi analisti, si adatta meglio alle attuali dinamiche di mercato. La trasparenza e la disciplina nell’esecuzione di questi programmi diventano quindi cruciali per interpretarne correttamente gli effetti sulla valutazione di un’azienda.
Un fenomeno globale: cifre e regole da USA, Europa e Giappone
Negli Stati Uniti i riacquisti hanno raggiunto volumi impressionanti. Secondo i dati del Wall Street Journal, basati su calcoli di Birinyi Associates, gli annunci di buyback per il 2025 si avviano a superare i 1.100 miliardi di $, con colossi come Apple e Alphabet tra i protagonisti. Su queste operazioni, come indicato dall’IRS, dal 2023 si applica un’imposta dell’1% introdotta con l’Inflation Reduction Act. In Europa, la materia è regolata dal Market Abuse Regulation e dal Regolamento Delegato 2016/1052, che definisce i criteri del “safe harbour” per garantire trasparenza su volumi e prezzi.

L’analista Peter van der Welle di Robeco sottolinea come dal 2008 si assista a una preferenza crescente per i buyback data la loro maggiore flessibilità rispetto ai dividendi. Anche in Giappone il fenomeno è in forte crescita: la Tokyo Stock Exchange ha spinto per un aumento della remunerazione agli azionisti, portando il payout medio dal 57,1% del 2023 al 67,4% del 2024, anche grazie a un’accelerazione dei riacquisti.
Buyback vs Dividendi: implicazioni e piani a Piazza Affari
La principale leva dei buyback è la riduzione del numero di azioni in circolazione, che aumenta meccanicamente l’utile per azione (EPS). L’impatto sul prezzo del titolo, tuttavia, dipende dalle valutazioni e dalle condizioni di mercato. Come evidenzia Robeco, l’efficacia di un piano di riacquisto è massima quando è sostenuto da liquidità organica e si affianca ai dividendi senza sostituirli. Sul piano fiscale, mentre il dividendo genera cassa immediata per l’azionista (tassata al 26% in Italia), il buyback posticipa l’imposizione a un’eventuale plusvalenza futura. A Piazza Affari, in un contesto di multipli contenuti ed elevata liquidità, i piani attivi superano i 10 miliardi di €. Tra i principali programmi comunicati figurano quelli di Eni (almeno 1,5 miliardi di €), Enel (1 miliardo di €), UniCredit (1,8 miliardi di € come prima tranche), Intesa Sanpaolo (2 miliardi di €) e Generali (500 milioni di €), a cui si aggiungono i piani di società come Lottomatica (500 milioni di €) e Nexi (300 milioni di €).