Una sentenza costringe l’INPS a pagare molti lavoratori perché il diritto di ricalcolo del TFR non va in decadenza.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana con la sentenza numero 00349 del 2025 ha accolto il ricorso di un gruppo di appartenenti alla Polizia di Stato creando un interessante precedente che permetterà a tanti lavoratori di chiedere all’INPS soldi spettanti per Legge.

La sentenza è chiara, la domanda per ottenere il ricalcolo del TFS (per i dipendenti pubblici assunti prima del 31 dicembre 2000) e del TFR (per i dipendenti pubblici assunti successivamente) al fine di includere i sei scatti stipendiali previsti dall’articolo 6 bis del DL 387/1987 e successive modifiche non è sottoposta a decadenza. Beneficiari sono gli appartenenti alla Polizia di Stato che hanno cessato volontariamente il servizio.
Il Tribunale ha accolto il ricorso del personale e respinto la tesi dell’INPS che vedeva i richiedenti decaduti dal diritto al beneficio di cui hanno fatto domanda perché la richiesta di collocamento a riposo era stata effettuata dopo il 30 giugno dell’anno di maturazione dell’anzianità di 35 anni di servizio utile e 55 anni di età. Per i Giudici non c’è alcuna decadenza perché il termine citato dall’INPS non ha carattere perentorio.
La sentenza sul ricalcolo del TFR
Il diritto al riconoscimento dei sei scatti contributivi all’interno del TFR è stato riconosciuto dal tribunale. Le regole volte a gestire il processo amministrativo di annullamento sono state escluse. La pretesa del personale della Polizia di Stato è stata accolta tramite una ricostruzione ricognitiva della norma di riferimento applicabile.

Condizione necessaria che il personale abbia cessato il servizio per età o perché diventato inabile al servizio in modo permanente o ancora per decesso. I sei scatti, poi, devono essere attribuiti anche a chi ha compiuto 55 anni di età e raggiunto 35 anni di servizio utile sottolineando che la domanda di collocamento in quiescenza dovrà essere prodotta entro il 30 giugno dell’anno in cui si sono maturati i requisiti. Chi li ha già maturati, invece, avrà come termine la data di entrata in vigore della disposizione.
In relazione al termine, però, i giudici amministrativi hanno deciso di attenersi a diverse pronunce del Consiglio di Stato che ne hanno totalmente escluso la natura perentoria. Il termine, infatti, non è indicato come decadenziale. Inoltre la norma specifica che “i provvedimenti di collocamento a riposto hanno decorrenza dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di presentazione della domanda”. Significa che il termine del 30 giugno è funzionale solo per consentire la decorrenza del collocamento a quiescenza a partire dal primo gennaio dell’anno seguente.