Nel 2025, i bridge cross-chain sono diventati lo strumento preferito per il riciclaggio di criptovalute, superando i mixer tradizionali. Secondo Elliptic e TRM Labs, oltre 1,5 miliardi $ di asset rubati sarebbero stati spostati tramite bridge, grazie a una maggiore velocità e una regolamentazione meno stringente rispetto al passato.
Negli ultimi mesi, le piattaforme di analisi blockchain hanno individuato un’accelerazione nei movimenti sospetti tra blockchain diverse. I gruppi hacker mostrano una preferenza netta per i bridge decentralizzati, sfruttati per trasferire fondi in modo rapido e difficile da tracciare.

La sofisticazione tecnica e l’infrastruttura dei DEX e dei protocollo DeFi cross-chain ha reso questi strumenti essenziali nei nuovi schemi di crypto laundering. I dati aggregati mostrano come questo trend abbia ormai superato il volume di transazioni illecite via mixer, sancendo un cambio di paradigma strutturale.
Dai mixer ai bridge: evoluzione delle tecniche e numeri del fenomeno
Secondo il report 2025 pubblicato da Elliptic, nei primi sei mesi dell’anno sono stati riciclati tramite bridge oltre 1,56 miliardi $ in asset digitali provenienti da attacchi informatici, in particolare su piattaforme DeFi. Rispetto al 2022, si osserva un incremento del 73 % nell’uso di bridge come THORChain, Multichain, Ren e altri. Più del 24 % delle operazioni sospette ha completato il processo di spostamento in meno di tre minuti, mentre il 31 % è avvenuto entro 24 ore, dimostrando l’efficienza dei bridge rispetto ai tradizionali mixer.

TRM Labs conferma che il numero di transazioni cross-chain sospette è aumentato in modo significativo tra aprile e luglio 2025, in particolare dopo attacchi hacker che hanno coinvolto scambi decentralizzati e wallet. Chainalysis, in un recente studio, stima che oltre il 40 % dei fondi sottratti tramite exploit siano finiti su bridge. Anche i gruppi noti, come Lazarus, hanno fatto uso di questi strumenti per nascondere le tracce del furto di oltre 600 milioni $ di asset, sfruttando bridge per passaggi rapidi tra Ethereum, Binance Smart Chain, Polygon e Arbitrum.
Reazioni del settore e sfide normative globali
L’adozione di bridge come strumento di anonimizzazione ha generato forti preoccupazioni tra le autorità regolatorie. La mancanza di procedure KYC nei bridge decentralizzati rappresenta una sfida per la tracciabilità. Gli analisti di Chainalysis osservano che la proliferazione dei bridge ha creato un “ecosistema opaco” difficile da monitorare, richiedendo strumenti di analisi forense più sofisticati e una maggiore collaborazione internazionale tra enti normativi.
Per rispondere a questo scenario, aziende come TRM e Elliptic stanno implementando soluzioni cross-chain in grado di seguire i movimenti anche tra blockchain non compatibili, con livelli di dettaglio superiori rispetto ai tradizionali strumenti. Tuttavia, secondo alcuni esperti del Center for Financial Crime, il quadro normativo non è ancora adeguato alla rapidità e complessità tecnica del fenomeno.
Secondo quanto riportato anche da Cybernews e Binance Square, gli attacchi recenti contro exchange e bridge hanno evidenziato vulnerabilità nei contratti intelligenti, come nel caso Nomad, dove sono stati sottratti oltre 190 milioni $. Il fenomeno è quindi doppio: da un lato, i bridge sono sfruttati per eludere i controlli; dall’altro, diventano essi stessi bersagli per nuovi attacchi.
Nel complesso, la crescente dipendenza dai bridge ha spostato l’equilibrio del crimine finanziario nel mondo crypto. Il loro utilizzo consente di sfruttare un mix di liquidità elevata, velocità operativa e assenza di tracciamento centralizzato, rendendoli più attrattivi dei mixer, ormai sorvegliati e spesso bloccati. Il trend sembra destinato a proseguire, e con esso l’urgente necessità di una regolamentazione più dinamica e adattabile.