Il prezzo del petrolio ha sperimentato una settimana intensa: una fiammata rialzista tra tensioni geopolitiche e poi un ritracciamento finale sotto la pressione dell’offerta. Il quadro tecnico resta incerto, con potenziale stabile grazie a segnali misti.
Nei giorni recenti, vocaboli come offerta OPEC+, dati macro USA, scorte petrolifere e rischi geopolitici hanno dominato il dibattito degli investitori. Le quotazioni di Brent e WTI hanno mostrato oscillazioni marcate: rialzi a inizio settimana trainati da possibili sanzioni Usa alla Russia e da attese di tagli produttivi, seguiti da una chiusura venerdì sotto pressione. Le incertezze su consumi interni negli Stati Uniti e le stime revise di produzione OPEC+ hanno spinto diversi operatori a mantenere una visione cauta.

Alcuni analisti, tra cui quelli di JPMorgan e ING, segnalano che gli effetti combinati della geopolitica e dell’evoluzione della domanda potrebbero innescare movimenti imprevedibili nel breve periodo. Inoltre, la recente debolezza del dollaro, unita alla volatilità dei dati sull’occupazione USA, ha aggiunto ulteriore incertezza tecnica ai mercati. Il quadro generale resta fluido e fortemente dipendente da notizie esterne e decisioni strategiche dei maggiori produttori.
Prezzi petroliferi e dinamiche macro recenti
Secondo Reuters, venerdì il future Brent ha chiuso a 69,67 $ al barile, in calo del 2,83 %; il WTI ha chiuso a 67,33 $, con un -2,79 %. Nonostante questo, entrambi mostrano una performance settimanale positiva di circa il +6 % . Martedì i rialzi sono stati alimentati da tensioni geopolitiche e minacce di sanzioni sul petrolio russo, insieme a pressioni su un accordo commerciale che coinvolge India e Usa .

L’OPEC+ ha indicato un possibile aumento della produzione di circa 548.000 barili al giorno nei mesi autunnali, mentre le scorte petrolifere USA sono aumentate di circa 7,7 milioni di barili, contrariamente alle attese di riduzione. Le scorte di benzina, in calo di 2,7 milioni di barili, riflettono una domanda stagionale ancora presente.
Analisi delle previsioni e outlook degli esperti
Un sondaggio Reuters su 37 analisti ha indicato una media stimata per il prezzo del Brent nel 2025 di 67,84 $ per barile, in calo a 62,98 $ entro metà 2026: tuttavia, rischi geopolitici mantengono un range plausibile tra i 60–70 $ anche in scenari ampiamente ribassisti .
ING e JPMorgan hanno segnalato che eventuali dazi statunitensi su importazioni da Russia e India potrebbero ridurre l’offerta russa e sostenere i prezzi su livelli superiori ai 70 $.
Nonostante utili in calo di circa il ‑23 % per Exxon Mobil e il ‑44 % per Chevron nel secondo trimestre, entrambe le major hanno superato le stime grazie a riduzione dei costi e buyback attivi . Nel frattempo, Shell ha scelto di limitare il trading speculativo, puntando su stabilità operativa nelle aree chiave come Golfo del Messico, Brasile e Nigeria .
Gli analisti restano cauti: Goldman Sachs prevede un calo ulteriore del prezzo verso quota 63 $ entro fine anno, ma l’equilibrio tra domanda incerta e pressioni geopolitiche continua a mantenere un supporto psicologico sopra i 67 $.
Nel complesso, la settimana ha combinato segnali contrastanti: un aumento dell’offerta OPEC+, dati sul lavoro USA deludenti e scorte in crescita hanno innescato un pullback, ma i rischi esterni mantengono un pallino rialzista per diversi analisti.