Era una di quelle serate che restano impresse. Un hotel elegante, un servizio impeccabile e la sensazione che un piccolo gesto di gratitudine fosse d’obbligo. Così, al momento di lasciare la sala, ho consegnato una mancia al cameriere che si era distinto per cortesia e professionalità.
Ma non ho fatto in tempo a raggiungere l’uscita che il proprietario mi ha fermato con un’espressione ferma: “Non è permesso dare mance al personale”. Ho provato imbarazzo e curiosità insieme. Non avevo idea che un gesto così spontaneo potesse essere vietato. Da lì è nata una domanda che merita risposta: davvero un dipendente rischia il posto per aver accettato una mancia?

E soprattutto, cosa dice la legge quando una consuetudine entra in conflitto con le regole aziendali? Dietro questo episodio apparentemente banale si nasconde un mondo fatto di contratti collettivi, prassi consolidate e norme fiscali che oggi ridisegnano il ruolo delle mance, rendendole molto più che un semplice ringraziamento in contanti. È un tema che coinvolge chi lavora nel settore turistico, ma che parla anche di equilibrio tra regole, abitudini e diritti.
Quando il divieto incontra la realtà: il caso delle mance e i limiti del licenziamento
Nel mondo del lavoro, soprattutto in hotel e ristoranti, il divieto di accettare mance non è raro. Molti contratti collettivi lo prevedono esplicitamente, ma cosa succede quando quella regola viene sistematicamente aggirata perché nella pratica tutti la ignorano? Un recente caso del Tribunale di Venezia lo ha chiarito bene. Una dipendente di un hotel era stata licenziata per aver accettato mance dai tassisti che portavano clienti. Il comportamento, secondo il datore di lavoro, violava il CCNL di riferimento.

Eppure il giudice ha annullato il licenziamento, definendolo sproporzionato: quel gesto era una prassi condivisa e tacitamente tollerata, tanto da far perdere al divieto la sua reale efficacia. Non si tratta di un semplice “buonismo giudiziario”, ma di un principio che trova fondamento nello Statuto dei Lavoratori: ogni sanzione disciplinare deve essere proporzionata e conforme al codice disciplinare aziendale affisso. La Cassazione e la Corte costituzionale (sentenza n. 129/2014) hanno più volte ribadito che, quando un comportamento diventa consuetudine interna e viene accettato dall’azienda, non può essere punito con il provvedimento più grave, ossia il licenziamento. La vicenda dimostra che il divieto di accettare mance non è sempre assoluto: il contesto aziendale, la prassi consolidata e la proporzionalità della sanzione sono elementi decisivi per giudicare la legittimità di un licenziamento. In altre parole, una norma scritta non basta, se non è coerente con la realtà vissuta quotidianamente dai lavoratori.
Mance e fisco nel 2025: quando la gratitudine diventa reddito regolamentato
Se sul piano disciplinare le mance vivono in un’area grigia tra regole e prassi, su quello fiscale oggi hanno una cornice molto più chiara. Dal 2025, per chi lavora in alberghi, ristoranti e pubblici esercizi, entra in vigore un regime agevolato che prevede una tassazione sostitutiva al 5%. Il limite di reddito entro cui si applica passa da 50.000 a 75.000 euro annui e la quota di mance agevolabili cresce dal 25% al 30% dell’importo percepito. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che questa misura riguarda anche i lavoratori somministrati, cioè coloro che operano tramite agenzie ma svolgono attività presso le strutture ricettive. Inoltre, le mance soggette a questa imposta non rientrano nel calcolo dei contributi previdenziali e del premio INAIL, aumentando così il reddito netto disponibile senza costi aggiuntivi per le aziende. Quando i limiti previsti vengono superati, solo la parte eccedente rientra nella tassazione ordinaria. Si tratta di un passo importante perché trasforma un gesto spontaneo del cliente in un reddito ufficiale, riconosciuto e fiscalmente agevolato. È una misura che mira a dare trasparenza e a valorizzare il lavoro di chi opera in settori in cui la gratitudine dei clienti ha sempre avuto un peso, ma mai un vero riconoscimento giuridico.
La scena dell’hotel mi è rimasta impressa non solo per l’imbarazzo del momento, ma perché racconta una verità più ampia: le mance non sono più un semplice gesto di cortesia. Sono diventate parte di un sistema in cui diritto, abitudini e fisco si incontrano.