Tra rendimenti più elevati e rischi valutari, le obbligazioni in euro e dollari offrono oggi un ventaglio di opportunità da valutare con attenzione. I titoli statunitensi attirano con cedole superiori, ma l’andamento del cambio resta centrale nella strategia degli investitori.
In un contesto di incertezza monetaria, il confronto tra titoli di Stato Usa e obbligazioni dell’Eurozona torna al centro del dibattito tra risparmiatori e gestori patrimoniali. Da un lato, il dollaro forte e i rendimenti a breve in rialzo; dall’altro, la stabilità della moneta unica e la solidità degli emittenti europei. La discesa del biglietto verde e le future decisioni di politica monetaria della Fed e della BCE aggiungono un ulteriore livello di complessità. L’ultima analisi di Goldman Sachs prevede un rafforzamento dell’euro nei prossimi 12 mesi, con il tasso di cambio euro/dollaro stimato verso quota 1,20. In parallelo, secondo Reuters, a maggio gli investitori esteri hanno acquistato quasi 100 miliardi € di obbligazioni dell’Eurozona, evidenziando un rinnovato interesse per il mercato europeo.

A seconda della propensione al rischio, si aprono due strade. Chi privilegia il rendimento può trovare nei Treasury Usa un’alternativa attraente, anche su scadenze brevi. Chi cerca invece protezione valutaria e liquidità elevata può optare per emissioni di Paesi dell’Eurozona a media o lunga scadenza, dove il rendimento si è comunque stabilizzato su livelli superiori al passato.
Obbligazioni in dollari: rendimenti più alti, ma attenzione al cambio
I Treasury Usa restano tra gli strumenti più apprezzati dagli investitori internazionali. I dati aggiornati di FT Markets indicano che i rendimenti dei titoli governativi statunitensi a 2 anni si attestano intorno al 4,15 %, mentre quelli a 10 anni oscillano tra 4,20 % e 4,25 %. Livelli che superano di quasi un punto e mezzo percentuale i rendimenti delle omologhe emissioni europee. Tuttavia, a pesare su questa scelta è la possibile svalutazione del dollaro, come ipotizzato da Paul Tudor Jones, che prevede un calo fino al 10 % nei prossimi mesi.

Secondo gli analisti di Goldman Sachs, il rischio cambio va calcolato anche alla luce delle attese sui tassi Usa: un possibile taglio della Fed nel corso del 2025 potrebbe far salire le quotazioni dei bond americani, offrendo così un capitale rivalutato in aggiunta al rendimento cedolare. Anche le obbligazioni corporate denominate in dollari, secondo i dati raccolti da Bloomberg, offrono ritorni attesi tra il 4,5 % e il 5,2 %, rendendo attraente l’ingresso anche su scadenze sotto i cinque anni.
Titoli dell’Eurozona: stabilità, solvibilità e flussi crescenti
Nel confronto con gli Usa, l’area euro offre oggi una combinazione di affidabilità e solidità istituzionale che si traduce in rendimenti più contenuti ma meno esposti alla volatilità valutaria. Secondo YCharts, i rendimenti medi dei titoli a 10 anni dei principali Paesi dell’euro si attestano al 3,08 %, in crescita rispetto all’anno precedente ma ancora distanti dai livelli americani.
Un elemento chiave è la durata delle emissioni: il mercato offre titoli con scadenze a breve, medio e lungo termine, come i Btp italiani fino al 2072 o le emissioni della Banca Europea per gli Investimenti, che diversificano ulteriormente i portafogli. La domanda per queste emissioni è sostenuta, come confermato da Reuters, e coinvolge anche investitori istituzionali non europei. Il fabbisogno di rifinanziamento dei Paesi membri e la politica fiscale espansiva in atto portano nuove occasioni per costruire esposizioni equilibrate a reddito fisso, sfruttando la diversificazione geografica e valutaria senza rinunciare alla liquidità.
Nel complesso, il contesto attuale suggerisce un’attenta valutazione delle componenti di rischio e opportunità: dai rendimenti nominali alla copertura valutaria, dal profilo dell’emittente alla durata residua, ogni dettaglio può fare la differenza nella costruzione di un portafoglio obbligazionario robusto.