Il petrolio resta sotto i riflettori tra tensioni geopolitiche e manovre sui dazi, ma il mercato sembrerebbe ignorare gli allarmi: analisi, previsioni e numeri aggiornati al centro dell’attenzione degli analisti.
In una settimana dominata da incertezze globali, il prezzo del petrolio continua a muoversi in una fascia che sorprende per la sua stabilità apparente. Le recenti fluttuazioni legate a interruzioni produttive in Iraq, nuove sanzioni UE verso la Russia e ipotesi di dazi USA non sembrano aver causato veri strappi nelle quotazioni. Gli esperti si dividono tra chi evidenzia una stretta dell’offerta e chi invece sottolinea il rischio di un eccesso di produzione non sostenibile nel lungo termine. Il clima generale è teso, ma razionale: il mercato monitora attentamente le scorte americane, i flussi dal Golfo Persico e i limiti imposti ai prezzi del greggio russo.

Fonti autorevoli come Reuters, Bloomberg e Business Insider hanno riportato tutti elementi che mostrano come l’equilibrio tra domanda e offerta resti fragile, ma per ora contenuto. Da parte degli analisti emergono previsioni molto differenti, con stime che spaziano tra i 40 $ e i 90 $ al barile a seconda degli scenari. Le revisioni delle previsioni da parte di Goldman Sachs, unite ai dati ufficiali delle agenzie energetiche, stanno alimentando il dibattito su quale possa essere il vero valore di equilibrio per la seconda parte del 2025.
Prezzi, shock geopolitici e interventi istituzionali
Il Brent ha chiuso l’ultima settimana a circa 69,28 $ al barile, mentre il WTI è sceso leggermente a 67,34 $. Si tratta di un calo settimanale vicino al 2 %, secondo i dati Reuters. Tuttavia, nella stessa settimana, si sono verificate interruzioni significative nella produzione irachena a causa di attacchi con droni nella regione del Kurdistan: circa 140.000 barili al giorno sono stati temporaneamente bloccati. Questo evento ha inizialmente spinto i prezzi sopra i 70 $, ma l’effetto si è riassorbito rapidamente. Sempre secondo Reuters, l’Unione Europea ha approvato un nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia, con un price cap fissato a 47,6 $ al barile per il greggio russo. Una misura che ha avuto un impatto limitato sulle quotazioni, in quanto i mercati hanno scontato da tempo l’inefficacia di una reale implementazione.

Business Insider riporta come i prezzi attuali siano “pericolosamente vicini” alla soglia di non sostenibilità per nuovi progetti di trivellazione statunitensi, secondo Dwight Scott di Quantum Capital. I livelli tra i 66 $ e i 68 $ attuali sono considerati critici per diversi operatori, soprattutto nelle aree non convenzionali. Il tutto si inserisce in un contesto in cui il Medio Oriente continua a rappresentare un punto di vulnerabilità potenziale: il rischio che l’Iran interferisca con le esportazioni attraverso lo Stretto di Hormuz resta latente, anche se al momento non ha causato variazioni sostanziali.
Prospettive analitiche e visione strategica sul prezzo
Nel complesso, gli analisti restano cauti ma non allarmisti. Goldman Sachs ha rivisto al rialzo le proprie stime per il secondo semestre del 2025, indicando un target medio per il Brent a 66 $ (in precedenza 61 $) e per il WTI a 63 $. La stessa banca ha dichiarato che in caso di crisi geopolitica nel Golfo il prezzo potrebbe arrivare a 90 $, mentre in uno scenario recessivo potrebbe scendere fino a 40 $. Il potenziale massimo e minimo si estende quindi su una fascia estremamente ampia, sintomo di forte incertezza ma anche di reattività del mercato. Reuters segnala che le scorte USA sono in calo, un elemento che normalmente supporta i prezzi, ma che viene bilanciato da una domanda internazionale ancora debole rispetto ai cicli storici. Capital Economics ha sottolineato come la fiducia nella crescita della domanda si stia riducendo, in particolare in Europa e Cina. Alcuni analisti stanno suggerendo, in chiave difensiva, l’utilizzo di opzioni o strategie derivate per coprirsi da oscillazioni brusche. Bloomberg, infine, riporta che il mercato rimane “tight”, ma con margini di inversione se i fondamentali tornassero su livelli pre-crisi. I dati mostrano che il petrolio resta altamente sensibile a ogni variabile macro, e che anche piccoli scostamenti possono generare onde importanti. Le valutazioni più recenti non convergono su un’unica direzione, ma offrono una mappa utile per chi osserva i movimenti con approccio analitico.