Un nuovo amore può davvero cambiare tutto? Una recente decisione della Cassazione ribalta le aspettative e mette in discussione una convinzione comune. In molti pensano che iniziare una nuova relazione significhi automaticamente rinunciare al sostegno economico dell’ex, ma la realtà è ben più complessa. Quando entra in gioco un assegno di mantenimento, la legge prende in considerazione elementi meno ovvi e più profondi. Cosa conta davvero: la nuova unione o ciò che è stato costruito nel passato matrimoniale? La risposta non è così scontata.
Dopo una separazione, può succedere che uno dei due ex partner si rifaccia una vita. Magari inizia una convivenza, trova stabilità affettiva, ma non per forza anche economica. Qui si apre un terreno delicato, quello del mantenimento dopo il divorzio. In tanti si chiedono se una nuova relazione possa comportare automaticamente la perdita del diritto all’assegno. È una questione che tocca non solo il portafoglio, ma anche i diritti acquisiti, i sacrifici fatti, il tempo dedicato alla famiglia a discapito della carriera.

La risposta più recente e autorevole arriva dalla Corte di Cassazione, che ha affrontato un caso emblematico. Un uomo aveva chiesto di revocare l’assegno all’ex moglie, sostenendo che lei convivesse stabilmente con un nuovo compagno. In appello aveva vinto. Ma la donna ha fatto ricorso e, con l’ordinanza n. 14358/2025, i giudici hanno accolto la sua posizione.
Assegno di mantenimento ancora valido anche in caso di nuova relazione stabile: cosa ha stabilito la Cassazione
Secondo la Cassazione, una nuova convivenza more uxorio non basta, da sola, a far decadere automaticamente il diritto all’assegno. È un principio ormai consolidato, ma che trova oggi ulteriore conferma. I giudici distinguono infatti tra due funzioni dell’assegno: quella assistenziale e quella compensativa. La prima può venire meno se la nuova relazione garantisce un sufficiente sostegno economico. Ma la seconda rimane, ed è legata a ciò che è avvenuto durante il matrimonio.
La funzione compensativa dell’assegno ha lo scopo di riconoscere l’impegno dell’ex coniuge economicamente più debole, che magari ha rinunciato a opportunità professionali per sostenere la famiglia. Questo contributo non può essere cancellato solo perché oggi esiste un altro legame affettivo. Serve ben altro. Bisogna valutare la reale autosufficienza economica della persona e, soprattutto, se il nuovo rapporto sostituisce effettivamente l’equilibrio economico perso con la separazione.

La Corte ha quindi chiarito che chi riceve l’assegno deve dimostrare di non essere ancora in grado di mantenersi da solo. Ma se ciò è vero, allora l’assegno deve continuare a essere corrisposto. Nessuna relazione sentimentale può annullare i diritti acquisiti senza un’analisi concreta della nuova situazione.
Quando il passato non può essere ignorato: l’importanza del contributo dato durante il matrimonio
Il verdetto della Cassazione apre una riflessione più ampia su come vengono tutelati i sacrifici fatti all’interno di un’unione matrimoniale. Chi, nel corso del matrimonio, ha messo da parte carriera e indipendenza per dedicarsi alla famiglia, non può vedersi negato un risarcimento simbolico solo perché ha deciso di rifarsi una vita affettiva. La continuità del mantenimento in questi casi diventa un atto di giustizia, più che di assistenza.
Ciò che emerge è che il diritto non si limita a fotografare la situazione attuale, ma guarda a tutto il percorso vissuto insieme. Finché il nuovo rapporto non garantisce un livello di autosufficienza reale e paragonabile a quello precedente, il sostegno va mantenuto. Non si tratta di privilegiare chi riceve l’assegno, ma di riconoscere ciò che ha dato, spesso in silenzio, durante la vita matrimoniale.