Affittare casa può sembrare un gioco da ragazzi, ma basta una clausola nel regolamento condominiale per far crollare ogni certezza. Non sempre un contratto regolare basta a mettersi al sicuro. La legge, quando entra nei dettagli, lo fa senza sconti: anche una semplice locazione può diventare illegittima. E se il condominio si oppone, non basta fare spallucce. Esistono vincoli precisi che possono mettere in crisi anche il più prudente dei proprietari. L’affitto è lecito, certo, ma non sempre è sufficiente per dormire sonni tranquilli.
Una porta che sbatte, voci in corridoio a tutte le ore, scale più sporche del solito. A volte comincia così. Il condominio, irritato, si attiva. Qualcuno sfoglia il regolamento e nota un punto passato inosservato. Nessuno lo aveva mai davvero considerato, ma adesso è sotto gli occhi di tutti.

Quel regolamento dice chiaramente che certe attività non sono ammesse. E quando una regola diventa oggetto di discussione, finisce anche in tribunale. La Corte di Cassazione, in più occasioni, ha ribadito che quei limiti non sono solo parole. Possono avere conseguenze pesanti.
Il regolamento del condominio può davvero fermare un affitto? Sì, e la Cassazione lo conferma
La libertà di affittare casa trova un ostacolo spesso trascurato: il regolamento condominiale contrattuale. Quando un documento di questo tipo viene firmato da tutti i condomini o allegato all’atto di compravendita, acquisisce forza vincolante per chiunque abiti l’edificio. Non è un semplice vademecum di buone maniere: è un accordo che può limitare le possibilità del proprietario, anche in modo sostanziale. Alcuni regolamenti vietano, ad esempio, gli affitti turistici, gli uffici in appartamenti residenziali o le attività che comportano un via vai continuo.

Secondo la Cassazione (sentenza n. 11859/2011), se un conduttore viola queste regole, la responsabilità ricade anche sul locatore. Se non si interviene tempestivamente per fermare l’abuso, ad esempio chiedendo la risoluzione del contratto – il condominio può persino ottenere il risarcimento dei danni. Una situazione che cambia completamente lo scenario per chi credeva che un contratto registrato bastasse a garantire tutto.
Ecco perché, prima di affittare, è essenziale leggere attentamente il regolamento condominiale. Allegarlo al contratto e farlo firmare anche all’inquilino è una mossa saggia, che tutela entrambe le parti. Perché i problemi non nascono solo dalle intenzioni, ma dalle interpretazioni. E in tribunale, i dettagli fanno tutta la differenza.
Affitti brevi e spese fuori controllo: quando il guadagno genera più problemi che reddito
Con l’esplosione degli affitti brevi, molti condomìni si sono trasformati in luoghi di passaggio. Ingressi continui, ascensori sotto stress, pulizie frequenti. Il Tribunale di Roma, con la sentenza 1271/2024, ha affrontato un caso emblematico: un condominio costretto a sostenere costi crescenti per colpa dell’uso intensivo degli spazi comuni da parte di turisti. Le scale sempre sporche, l’androne affollato, l’ascensore spesso guasto. Tutto questo ha portato a una spesa condominiale anomala, che ha scatenato un contenzioso.
Il giudice ha stabilito che, quando un immobile viene usato come struttura ricettiva all’interno di un condominio, il proprietario deve farsi carico delle conseguenze. Anche in assenza di una modifica delle tabelle millesimali, l’aumento delle spese può essere attribuito direttamente a lui. Non è un’opinione, ma un orientamento giuridico sempre più condiviso.
Il punto è semplice: anche un contratto d’affitto perfettamente valido non salva da tutto. Se l’uso dell’immobile impatta sulla vita degli altri condomini, il regolamento può diventare un’arma legale. E a quel punto, il sogno di guadagnare con una seconda casa può trasformarsi in una lunga battaglia di carte bollate.