Quando il clima in casa diventa ingestibile e la tensione prende il sopravvento, sorge spontanea una domanda: è possibile mandare via il coniuge prima che intervenga un giudice? In molte famiglie, la fine della relazione non è un evento improvviso ma un lento logorarsi quotidiano. E in questo processo, non è raro che uno dei due pensi di dover agire prima del tribunale. Ma attenzione: non tutto è concesso, anche se le motivazioni sembrano più che valide. Vediamo qual è il confine tra autodifesa e illegalità quando si parla di allontanamento del marito dalla casa coniugale.
Quando una convivenza matrimoniale si spezza, spesso non lo fa in modo pacifico. Le tensioni diventano croniche, il rispetto si riduce e ogni interazione quotidiana può trasformarsi in scontro. In queste condizioni, l’ide

a di prendere provvedimenti per “salvarsi” può farsi largo, specie se ci sono di mezzo i figli o se si teme un’escalation dei conflitti.
Ma non basta il disagio emotivo a giustificare scelte drastiche. In Italia, le regole su convivenza e casa coniugale sono chiare, e violarle può trasformare un disagio familiare in un problema legale serio.
Mandare via il marito da casa: cosa dice davvero la legge
In molte situazioni di crisi, la tentazione è forte: si vorrebbe poter mettere fine immediatamente alla convivenza, soprattutto se si pensa che il partner abbia già tradito, umiliato o semplicemente logorato la relazione. Tuttavia, anche se si è convinti di avere tutte le ragioni, non si può semplicemente allontanare il marito dalla casa coniugale prima di una decisione del giudice.

Il punto è che finché non esiste un provvedimento formale, entrambi i coniugi mantengono lo stesso diritto a vivere nell’abitazione familiare. Non conta chi sia il proprietario, chi paga il mutuo o chi si occupa dei figli: la casa resta di entrambi fino a nuova disposizione del tribunale. Se la moglie cambia le serrature, ad esempio, potrebbe incorrere in una denuncia per violenza privata, come ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 25626 del 2016.
L’unica eccezione reale è rappresentata dai casi di violenza fisica o grave pericolo. Solo in quelle situazioni è possibile agire in urgenza, rivolgendosi alle autorità e ottenendo, anche rapidamente, un ordine di protezione o un allontanamento cautelativo del coniuge. In tutti gli altri casi, bisogna aspettare che il giudice si esprima nel contesto di una separazione.
Separazione e casa familiare: la parola spetta sempre al giudice
Quando la separazione diventa ufficiale, è il tribunale a decidere chi continuerà a vivere nella casa coniugale. La scelta avviene in base a criteri precisi, e la presenza di figli minori gioca un ruolo determinante. Solitamente, la casa viene assegnata al genitore con cui i figli restano a vivere, per garantire stabilità e continuità. Ma anche in questo caso, l’assegnazione avviene solo dopo un’analisi formale e mai in via anticipata.
Chi prende iniziative personali rischia di compromettere la propria posizione legale. Oltre a dover fronteggiare una denuncia, potrebbe subire un’azione per reintegrare il possesso da parte del coniuge allontanato. E questo finirebbe per creare ulteriori tensioni, anche a livello giudiziario.