Bitcoin ha davvero toccato 1.000.000 $? Secondo Pledditor, sì, ma non come immagini. Un’indagine che scava nei meccanismi nascosti della finanza cripto. Scopri come alcune élite avrebbero capitalizzato sul valore di Bitcoin ben oltre il prezzo di mercato. Una lettura sorprendente tra self-custody, SPAC e “grift”.
Nella giungla del mondo cripto, dove ogni notizia può spostare miliardi in poche ore, una dichiarazione è riuscita a far discutere anche i più esperti: Bitcoin avrebbe già raggiunto 1.000.000 $ in questo ciclo. Ma non si tratta del prezzo spot visibile su Coinbase o Binance. L’affermazione arriva da Pledditor, un investigatore noto su X (ex Twitter), già salito alla ribalta per aver portato alla luce vecchi tweet cancellati dal CEO di Coinbase, Brian Armstrong. Non stiamo parlando di un detrattore di Bitcoin, anzi. Pledditor è un forte sostenitore della self-custody e critica aspramente l’approccio delle aziende che accumulano BTC come asset di tesoreria, definendole senza mezzi termini “grift”.

Il cuore della questione? Secondo Pledditor, alcuni dei primi detentori di Bitcoin (i cosiddetti OG) sarebbero riusciti a monetizzare le loro riserve personali a un prezzo effettivo molto più alto di quello di mercato, grazie a strutture societarie complesse. Una strategia che sembra una versione aggiornata dei vecchi schemi SPAC, usata non per raccogliere fondi per startup, ma per sfruttare la narrativa di Bitcoin come leva finanziaria. In questo gioco, l’investitore retail rischia di rimanere con il cerino in mano, mentre gli insider si portano a casa profitti milionari.
Come si arriva davvero a un milione di dollari per Bitcoin
Il trucco – se così vogliamo chiamarlo – è semplice solo in apparenza. Alcuni investitori hanno creato veicoli societari che detengono Bitcoin in tesoreria. Poi, sfruttando il clamore mediatico e il desiderio degli investitori di esporsi a BTC in modo indiretto, fanno salire la valutazione di mercato della società ben oltre il valore reale degli asset detenuti. È qui che, secondo quanto riportato da Crypto.News, entrano in gioco le preferred shares: gli insider mantengono il controllo attraverso azioni privilegiate, mentre vendono al pubblico le azioni comuni, spesso gonfiate da una valutazione fuori scala.

Pledditor afferma che in questo modo, alcuni OG sono riusciti a “vendere” i propri BTC a un valore implicito anche superiore al milione di dollari, senza mai toccare il mercato spot. L’analogia con le SPAC – strumenti di ingegneria finanziaria largamente criticati – diventa evidente: come accaduto in passato con alcune di queste strutture, il rischio ricade sugli ultimi arrivati, mentre i guadagni restano concentrati.
E non è un’opinione isolata: anche il noto analista Beanie ha evidenziato pratiche simili su X, parlando apertamente di manipolazione del sentiment per gonfiare il valore delle azioni legate a Bitcoin corporate. E tutto ciò avviene mentre il prezzo reale del BTC resta fermo tra 60.000 e 70.000 $, ben lontano da quel fatidico milione.
Perché questa strategia cambia il modo in cui vediamo Bitcoin
Questa dinamica porta con sé implicazioni profonde. Se è vero che una parte della comunità ha già monetizzato Bitcoin a valori stratosferici, il significato stesso del prezzo di BTC viene messo in discussione. Non si tratta più solo di osservare i grafici o aspettare il prossimo halving, ma di capire chi detiene il potere e come lo esercita. La self-custody diventa allora non solo una scelta tecnica, ma una vera e propria dichiarazione d’indipendenza da un sistema che può diventare opaco e distorto.
Secondo Bitcoin Magazine, che ha analizzato cicli precedenti e flussi on-chain, siamo ancora lontani dalla fine di questo bull market. Tuttavia, la presenza di strumenti finanziari sofisticati spinge anche i più ottimisti a una riflessione: chi sta davvero beneficiando della crescita di Bitcoin? E chi ne subisce gli effetti collaterali?
Alla luce di tutto questo, il messaggio di Pledditor non è una profezia, ma un avvertimento: attenzione a chi promette esposizione a BTC senza offrire vera trasparenza. Se credi nella filosofia di Bitcoin, forse è il momento di tornare alle origini, dove il possesso è reale, la responsabilità è personale e il prezzo… non lo decide una holding quotata in borsa.