Una scelta fatta in meno di due minuti può cambiare tutto. Cosa succede davvero quando si assegna un codice al Pronto Soccorso? Non è solo una formalità, è un momento chiave che può salvare una vita oppure lasciarla andare. E se dietro una valutazione sbagliata si nasconde una responsabilità più grande del previsto, allora vale la pena fermarsi e riconsiderare il valore del primo contatto tra paziente e operatore.
La sentenza n. 15076/2025 della Corte di Cassazione riaccende i riflettori su un tema troppo spesso sottovalutato: il triage non è solo accoglienza, è clinica pura.

Un ospedale non inizia dalla sala operatoria, ma dall’ingresso. È lì che prende forma la prima diagnosi, anche se non la si chiama così. È lì che uno sguardo attento può fare la differenza. E quando si parla di triage, non ci si riferisce a un semplice passaggio burocratico. Si tratta di un processo che richiede intuito, esperienza e una formazione rigorosa. Niente viene lasciato al caso, o almeno così dovrebbe essere. Perché a volte, un errore che sembra piccolo può trasformarsi in un disastro.
Il caso che ha portato alla sentenza della Cassazione riguarda una paziente asmatica, classificata erroneamente con un codice verde. Quella valutazione ha determinato un ritardo critico nell’intervento medico, conclusosi tragicamente con un arresto cardiaco. L’infermiera responsabile, pur non perseguibile penalmente per prescrizione, è stata condannata al risarcimento dei danni. Una decisione che pesa come un monito.
Non è solo una questione di codici: quando l’infermiere al triage ha un ruolo che vale oro
Parlare di triage ospedaliero non significa parlare di numeri o colori. Significa affrontare una fase delicata in cui si decide chi ha bisogno di cure immediate e chi può aspettare. La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 15076/2025, è stata chiara: l’infermiere di triage non è un semplice compilatore di moduli. Deve essere in grado di riconoscere i segni clinici, anche quelli meno evidenti, e attribuire un livello di priorità che può salvare una vita.

Secondo le linee guida emanate dalla Conferenza Stato-Regioni nel 2021, il triage è un atto clinico complesso, che deve essere svolto da personale esperto e specificamente formato. Chi lo svolge ha la responsabilità di individuare eventi potenzialmente letali, i cosiddetti “eventi sentinella”, che devono essere monitorati con attenzione. Questo richiede competenze specifiche, aggiornamento continuo e soprattutto consapevolezza del proprio ruolo.
Dal codice colore alla Corte Suprema: cosa succede quando il triage diventa un caso giudiziario
Il messaggio della Cassazione è chiaro: chi opera in triage non può permettersi leggerezze. Assegnare un codice sbagliato non è solo un errore tecnico, è un atto che può avere ripercussioni gravi, fino alla perdita della vita di un paziente. In un sistema sanitario dove la rapidità è essenziale, la precisione lo è ancora di più. Il triage, in questo contesto, non è una tappa formale, ma il primo intervento clinico.