Il mercato del petrolio sta attraversando un giugno sorprendentemente movimentato, spinto da una combinazione di fattori geopolitici e dinamiche stagionali. Dopo un avvio d’anno relativamente stabile, le ultime settimane hanno visto un’accelerazione dei prezzi, con il Brent che ha superato i 77 $ al barile. Le tensioni nello Stretto di Hormuz e le strategie dell’OPEC+ stanno giocando un ruolo chiave. Ma quanto è normale questo comportamento? E cosa ci raccontano i dati storici sul mese di giugno per il greggio?
Dalla stagionalità favorevole alla domanda energetica estiva, fino all’impatto delle tensioni geopolitiche più recenti, giugno si conferma uno dei mesi più significativi per l’andamento del prezzo del petrolio. La combinazione tra fattori ciclici e notizie esogene ha infatti contribuito, negli anni, a rendere questo mese un punto di svolta per chi opera sul mercato del petrolio e, più in generale, sui mercati energetici globali. Le dinamiche stagionali spingono spesso sia il WTI che il Brent a registrare movimenti significativi, con impatti diretti su consumi, scorte e strategie industriali.

Inoltre, il ruolo crescente degli hedge fund e della speculazione finanziaria contribuisce a rendere il mercato del greggio ancora più sensibile alle variabili geopolitiche, come dimostrano le recenti tensioni nello Stretto di Hormuz. In questo scenario, il mese di giugno del 2025 si sta rivelando particolarmente intenso e fuori scala rispetto ai benchmark storici, offrendo spunti strategici sia per gli investitori istituzionali sia per gli operatori attivi nel settore dell’energia.
Giugno è storicamente uno dei mesi migliori per il petrolio
Secondo StoneX, il mese di giugno si distingue per un andamento mediamente positivo, con un rendimento medio del +2,1 % per il WTI negli ultimi 35 anni. Dati simili emergono dall’analisi del United States Oil Fund (USO), che mostra un guadagno medio del +2,9 % nel mese, rendendolo il più performante dell’anno. Le ragioni sono molteplici: la domanda tende ad aumentare in concomitanza con la stagione estiva, soprattutto in Nord America e in Europa, mentre l’offerta si mantiene sotto controllo grazie alle politiche dell’OPEC.
Tra il 1957 e il 1990, giugno ha mostrato una leggera preferenza per chiusure positive (16 anni su 34), ma è soprattutto dal 1991 in poi che la tendenza si è consolidata, con 21 chiusure positive su 34 anni. Tuttavia, la volatilità resta elevata: nei casi negativi, il petrolio ha perso in media il –3,7 %, più di quanto non abbia guadagnato nei mesi positivi. Questo significa che, pur essendo un mese statisticamente favorevole, giugno può riservare sorprese anche brusche.

Nel 2024, ad esempio, il mese si era chiuso quasi piatto, mentre nel 2020 e nel 2022 erano stati registrati rialzi rispettivamente del 10 % e del 6 %. In questo contesto, giugno 2025 si sta distinguendo per un aumento superiore alla media, stimato intorno al +20 % secondo dati raccolti da Reuters, spinto da fattori esogeni piuttosto che da dinamiche interne di domanda/offerta.
Geopolitica, OPEC+ e scorte strategiche: le spinte recenti ai prezzi
Uno dei principali fattori che ha alimentato il rialzo di giugno 2025 è il timore legato a una possibile chiusura, anche parziale, dello Stretto di Hormuz. Secondo il Wall Street Journal, da questa rotta passa circa il 20 % del petrolio mondiale, e ogni interruzione rappresenterebbe una grave minaccia alla stabilità dei mercati. Gli analisti di Goldman Sachs stimano che una chiusura totale potrebbe far aumentare il prezzo del Brent di oltre 30 $ al barile.
A complicare ulteriormente lo scenario è intervenuta l’OPEC+. Come riportato da Reuters, Igor Sechin, a capo di Rosneft, ha dichiarato che il cartello potrebbe anticipare di un anno l’aumento della produzione, per rispondere alle tensioni internazionali e stabilizzare i prezzi. Questo annuncio ha generato un effetto paradossale: inizialmente i prezzi sono calati, ma sono poi risaliti a causa dell’intensificarsi delle minacce geopolitiche.
Infine, un elemento meno visibile ma altrettanto rilevante riguarda le scorte strategiche. Stati Uniti e Cina stanno tornando ad acquistare petrolio per i rispettivi depositi, come confermato da Gazprom Neft. Le riserve USA, in particolare, sono scese sotto il 20 % della capacità e le recenti acquisizioni potrebbero sostenere i prezzi anche in caso di eccesso di offerta.
Il risultato è un mercato estremamente sensibile, dove ogni notizia può provocare oscillazioni significative. In questo quadro, il mese di giugno conferma il suo carattere stagionalmente positivo, ma potenziato nel 2025 da condizioni eccezionali.