NASpI, cambia tutto e l’INPS chiarisce: ecco quando il nuovo limite non si applica

Cosa succede quando, dopo anni di lavoro, si perde l’impiego da un giorno all’altro? E se nel frattempo si è lasciato un altro lavoro per scelta propria? Le nuove regole possono cambiare tutto. Una legge recente ha introdotto un requisito che sembra piccolo, ma può fare un’enorme differenza.

Una circolare dell’INPS è arrivata per mettere ordine, ma le domande restano tante. Cosa cambia davvero per chi vuole accedere alla NASpI nel 2025? E in quali casi il nuovo ostacolo può essere aggirato? Le risposte non sono scontate, ma c’è una logica che merita di essere capita.

Pesroan che legge dei dati e indica con l'indice della mano sinistra
NASpI 2025, attenzione alle eccezioni: quando il nuovo limite non si applica-crypto.it

Non è raro sentire storie di chi, dopo aver preso una decisione difficile come quella di dimettersi, si ritrova in una situazione inaspettata: una nuova azienda che non mantiene le promesse, un trasferimento imposto che stravolge la vita quotidiana o, peggio ancora, una cessazione improvvisa del contratto. Quando questo accade, la prima cosa che viene in mente è la NASpI, l’indennità che dovrebbe offrire un po’ di respiro. Ma con l’arrivo del 2025, le regole si fanno più strette. La legge ha voluto introdurre un nuovo filtro, una barriera fatta di settimane e date che non tutti riescono a superare. Eppure, non è tutto così netto: ci sono delle eccezioni, degli spazi in cui questa nuova soglia non si applica. Proprio qui entra in gioco la circolare INPS n. 98 del 5 giugno 2025, che chiarisce le maglie del sistema.

È uno di quei casi in cui le parole della norma non bastano, e servono spiegazioni, esempi, contesti. Perché dietro una regola ci sono persone reali, con percorsi diversi e storie che non sempre rientrano nei parametri stabiliti. Capire come funzionano oggi le condizioni per accedere alla NASpI significa anche capire quanto il sistema riesca davvero a tutelare chi ne ha bisogno.

Un requisito nuovo che cambia le carte in tavola per la NASpI

Con l’inizio del 2025 è entrato in vigore un criterio nuovo che interessa chi perde il lavoro in modo involontario ma ha avuto, nei dodici mesi precedenti, una cessazione volontaria da un tempo indeterminato. Questo significa che, per ottenere la NASpI, in questi casi è necessario dimostrare di avere almeno 13 settimane di contributi dopo quell’uscita volontaria e prima della perdita involontaria che dà diritto alla richiesta.

Persona che analizza dei dati
Un requisito nuovo che cambia le carte in tavola per la NASpI-crypto.it

Un passaggio che sembra tecnico, ma che in realtà rappresenta un vero e proprio spartiacque. Non basta più essere disoccupati per ottenere l’indennità: bisogna anche mostrare di aver lavorato abbastanza dopo l’ultima dimissione. E questo cambia le cose per chi, ad esempio, ha lasciato un posto fisso per seguire un’opportunità che poi si è rivelata insoddisfacente o breve. Tuttavia, la norma non è senza cuore: alcune situazioni sono escluse da questo nuovo vincolo.

Rientrano tra le eccezioni le dimissioni per giusta causa, come nei casi di trasferimento non motivato, molestie o mancato pagamento dello stipendio. Anche l’uscita durante la maternità o paternità, oppure in seguito a una conciliazione obbligatoria, è trattata in modo diverso. E poi c’è un caso particolare: chi rifiuta un trasferimento a più di 50 chilometri o che richiede oltre 80 minuti con i mezzi pubblici, può comunque accedere alla NASpI senza dover contare quelle 13 settimane.

È una distinzione importante, perché restituisce un po’ di margine a chi si è trovato a fare una scelta difficile, senza sapere che avrebbe avuto ripercussioni così dirette sul diritto alla disoccupazione. Il rischio, altrimenti, è che a pagare il prezzo siano proprio quelli che hanno provato a migliorare la propria posizione.

Contributi, tempistiche e calcolo: come cambia davvero la NASpI

Per ottenere la NASpI, non basta rispettare il nuovo requisito delle 13 settimane. Servono anche dei contributi precisi. Vengono conteggiati non solo quelli versati durante il lavoro subordinato, ma anche quelli figurativi per la maternità, i congedi parentali retribuiti, e alcuni periodi di lavoro all’estero. Persino le assenze per malattia dei figli, entro certi limiti, entrano nel conteggio. È un quadro complesso, ma che mostra una certa attenzione alle situazioni familiari e internazionali.

La prestazione si calcola su base mensile, prendendo l’imponibile previdenziale degli ultimi quattro anni, diviso per le settimane contributive e moltiplicato per 4,33. Per il 2025, il tetto massimo mensile è fissato a 1.562,82 euro. La durata? Dipende da quante settimane si hanno alle spalle: la metà di quelle accumulate negli ultimi quattro anni, fino a un massimo di due anni. E non dura sempre uguale: dal settimo mese (ottavo se si hanno più di 55 anni), l’importo si riduce del 3% al mese.

La domanda va presentata entro 68 giorni dalla fine del contratto. Chi è tempestivo, e agisce entro gli 8 giorni, può avere l’indennità già dall’ottavo giorno. Altrimenti, si parte dal momento della richiesta. Un discorso a parte vale per il licenziamento per giusta causa: lì, tutto slitta al 38° giorno.

C’è anche la possibilità di richiedere la NASpI in un’unica soluzione, per chi vuole avviare una propria attività o entrare in una cooperativa. Una chance concreta per trasformare un momento di difficoltà in una nuova partenza.

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