Può bastare il rifiuto di un solo erede per bloccare un’intera successione? A prima vista, potrebbe sembrare così. Il dolore per una perdita si intreccia spesso con tensioni familiari latenti, e basta un gesto mancato, una firma, una risposta, un consenso, per mandare tutto in stallo. Ma la realtà è diversa: il sistema legale italiano ha previsto proprio questi scenari. E quando un erede dice “no”, la legge offre comunque una via per andare avanti.
Ci sono situazioni in cui le parole non arrivano, e i documenti restano chiusi nel cassetto. In quei momenti, il peso della burocrazia si somma a quello dell’emotività. C’è chi non risponde, chi rifiuta ogni contatto, chi resta fermo per scelta o per dispetto.

Intanto, il tempo passa e le scadenze si avvicinano. Ma ciò che molti non sanno è che anche in assenza di collaborazione totale, la successione ereditaria può proseguire. La normativa è chiara, e tutela chi ha la volontà di procedere, anche da solo.
La dichiarazione di successione si può presentare anche senza il consenso degli altri
Secondo la legge, la dichiarazione di successione deve essere presentata entro 12 mesi dalla morte del defunto. È un adempimento fiscale, obbligatorio per legge, e non necessita della firma congiunta di tutti gli eredi. Anche un solo erede può occuparsene, facendo valere il proprio diritto, e soprattutto rispettando i termini previsti.

Chi presenta la dichiarazione deve anticipare le imposte dovute, successione, ipotecaria e catastale, ma può poi chiedere il rimborso pro quota agli altri coeredi. Si tratta di un meccanismo che evita il blocco dell’intera procedura, anche quando non tutti sono d’accordo o disponibili a partecipare.
Nel frattempo, i conti correnti intestati al defunto restano bloccati, e gli immobili non possono essere gestiti. Questo vale fino alla presentazione della dichiarazione. In caso di ritardi, scattano le sanzioni, che variano in base al tempo trascorso: più si aspetta, più si rischia. Ma chi agisce tempestivamente può usufruire del cosiddetto ravvedimento operoso e limitare i danni.
Come agire se un coerede si oppone o resta in silenzio
Il rifiuto di partecipare non può fermare la procedura di successione. La legge italiana ha previsto strumenti precisi per sbloccare la situazione. In primo luogo, è possibile attivare una negoziazione assistita, attraverso i rispettivi avvocati, cercando un’intesa senza passare dal giudice. Se non si trova un accordo, si può avviare una mediazione obbligatoria, nella quale un professionista terzo aiuta le parti a dialogare.
Quando anche questo tentativo fallisce, resta la via giudiziale. Attraverso la divisione ereditaria in tribunale, è possibile ottenere una sentenza che scioglie la comunione e assegna le quote. Tutto ciò può avvenire anche senza la volontà di chi si oppone.
In fondo, la successione è un percorso complesso, che non dipende solo dai rapporti personali. Anche di fronte a un muro, è possibile andare avanti.