Una rete criminale da oltre 40 miliardi di $ l’anno minaccia l’Asia sud-orientale. Truffe digitali, frodi e cybercrime si fondono in un sistema sofisticato che cresce più veloce delle leggi che dovrebbero fermarlo. Un rapporto ONU rivela scenari inquietanti.
Nel contesto di una economia digitale in rapida evoluzione, anche le trame della cybercriminalità si fanno più raffinate. Il fenomeno delle truffe digitali in Asia sud-orientale non è più episodico, ma strutturato: si parla ormai apertamente di scam economy, un’economia parallela che sfugge ai radar delle istituzioni.
Il recente rapporto delle Nazioni Unite ha acceso i riflettori su un giro d’affari illecito che sfiora i 40 miliardi di $ l’anno, alimentato da frodi online, phishing, manipolazioni tramite AI e violazioni sistematiche dei dati personali. Secondo Reuters e The Diplomat, i centri operativi sono spesso call center clandestini in Myanmar, Laos e Cambogia, legati a sindacati criminali transnazionali.

Il cuore del problema è la velocità. Queste reti sfruttano l’assenza di regolamentazione unitaria, l’innovazione tecnologica avanzata e la difficoltà degli Stati di cooperare in modo efficace. Così, mentre l’economia ufficiale digitalizza i suoi processi, l’economia parallela si organizza e prospera.
Conseguenze? Un danno non solo economico, ma anche reputazionale. Perché quando si rompe la fiducia digitale, si incrina anche il motore della trasformazione tecnologica.
Una rete criminale globale alimentata da tecnologia e disuguaglianze
La crescita dell’economia digitale nel Sud-Est asiatico è stata rapida e, in molti casi, disordinata. Paesi come Cambogia, Myanmar, Laos e Vietnam sono diventati hub per vere e proprie fabbriche del crimine online. I gruppi organizzati gestiscono piattaforme fraudolente che spaziano da trading truffaldino, finti investimenti crypto, love scam e phishing sofisticato, utilizzando deepfake e intelligenza artificiale generativa per ingannare le vittime con una credibilità inquietante.
Secondo il report dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC), i contenuti deepfake utilizzati per truffe sono aumentati del 600% nel primo semestre del 2024. Questi strumenti rendono le frodi più difficili da identificare anche per utenti esperti. I criminali approfittano di sistemi bancari poco controllati, assenza di identità digitali verificate e scarsa cooperazione internazionale tra governi.

In parallelo, centinaia di migliaia di persone – spesso giovani provenienti da paesi limitrofi – vengono ingannate con la promessa di un lavoro e poi costrette a operare per queste organizzazioni, trasformando la truffa online in una crisi umanitaria invisibile.
Un allarme globale che richiede una risposta coordinata
Nonostante l’epicentro sia in Asia, le attività delle organizzazioni criminali si stanno rapidamente internazionalizzando. Alcune operazioni sono state tracciate fino in America Latina e Africa, dove lo stesso modello viene esportato grazie a falle normative e infrastrutture tecnologiche vulnerabili. La Global Initiative Against Transnational Organized Crime ha confermato casi di operazioni correlate in Brasile, Nigeria e Zambia. Il risultato? Una rete criminale decentralizzata, difficilmente tracciabile e con margini di profitto da capogiro.
Il vero problema, tuttavia, è l’asimmetria tra la velocità con cui questi gruppi si adattano e la lentezza con cui le istituzioni rispondono. La frammentazione delle leggi, la mancanza di standard globali e la scarsa interoperabilità tra i sistemi antifrode digitali rendono la lotta al fenomeno estremamente difficile.
Servono non solo nuovi strumenti tecnologici, ma una nuova cultura della sicurezza digitale. Il rischio non è soltanto economico. È sistemico. Perché senza fiducia, nessuna economia digitale può davvero funzionare. E oggi quella fiducia vacilla.