NASpI in pericolo: cosa succede se si hanno debiti

Quando si perde il lavoro e si riesce ad accedere alla NASpI, si pensa di poter finalmente respirare un po’. Ma se ci sono dei debiti, quel sollievo può trasformarsi in preoccupazione. Si può davvero toccare l’unico sostegno rimasto? Cosa succede se arriva un pignoramento? Ci sono limiti, eccezioni o tutele che proteggono l’indennità di disoccupazione? C’è chi lo scopre solo quando ormai è troppo tardi.

Avere la NASpI accreditata sul conto non significa essere al sicuro. Anzi, per molti rappresenta un paradosso: si riceve un aiuto perché si è in difficoltà, eppure si rischia di vederselo ridurre. Tutto dipende da come e quando avviene il pignoramento, da chi lo richiede, e da quanto ammonta l’importo mensile. Il quadro normativo è complesso, e spesso non basta leggere le regole: serve capirle, e soprattutto sapere come si applicano nella vita reale.

Persona in pericolo
NASpI in pericolo: cosa succede se si hanno debiti-crypto.it

È importante non sottovalutare l’effetto che un blocco, anche parziale, dell’indennità può avere su una persona già in difficoltà economica e psicologica. Per questo conoscere nel dettaglio le condizioni in cui la NASpI è pignorabile può fare la differenza.

I limiti al pignoramento della NASpI: cosa dice davvero la legge

La NASpI, pur essendo un sostegno previdenziale, può essere pignorata, ma con regole rigide. La prima soglia da tenere presente è il cosiddetto “minimo vitale”, stabilito dalla legge per garantire una base economica sufficiente alla sopravvivenza. Questa soglia corrisponde all’assegno sociale aumentato della metà, che nel 2025 ammonta a 672,10 euro.

Martello giudice, bilancia giustizia
I limiti al pignoramento della NASpI: cosa dice davvero la legge-crypto.it

Su questa parte dell’indennità non si può intervenire. Solo ciò che eccede tale cifra può essere soggetto a pignoramento, ma anche qui si applicano dei limiti: nel caso di creditori privati, come banche o finanziarie, si può trattenere solo un quinto della somma eccedente. Se, ad esempio, l’importo della NASpI è di 1000 euro, solo 327,90 euro sarebbero “attaccabili” e di questi solo il 20% può essere prelevato.

Quando il creditore è l’Agenzia delle Entrate Riscossione, la percentuale cambia: se l’importo NASpI è sotto i 2500 euro, il prelievo massimo è pari a un decimo della parte oltre il minimo vitale. Una tutela in più per i casi più delicati.

Le cose però cambiano se l’assegno è già stato versato sul conto. A quel punto, si applicano altre soglie. Secondo una riforma successiva alla sentenza della Corte Costituzionale del 2015, le somme accreditate possono essere pignorate solo se superano il triplo dell’assegno sociale, ovvero 1616,04 euro. Se sul conto sono presenti 2000 euro, solo 383,96 euro sarebbero pignorabili. Sulle somme versate dopo la notifica del pignoramento, invece, tornano a valere le regole iniziali: rispetto del minimo vitale e limite di un quinto.

Conto corrente e NASpI: cosa cambia dopo l’accredito

Molti non sanno che il modo in cui viene gestita la NASpI cambia a seconda del momento in cui viene colpita dal pignoramento. Se l’INPS riceve direttamente l’atto, applica immediatamente le soglie di legge e invia solo la parte non pignorabile. Ma se l’indennità è già arrivata in banca, è il giudice a stabilire cosa e quanto può essere trattenuto.

In queste situazioni, è fondamentale monitorare l’estratto conto e conservare documentazione che attesti l’origine dei fondi. Se si nota un blocco anomalo o si ritiene che le soglie non siano state rispettate, si può presentare ricorso. L’intervento di un legale o di un patronato può essere decisivo, soprattutto nei casi in cui la somma pignorata compromette la sussistenza della persona o della famiglia.

Gestione cookie