Il prezzo del petrolio è sceso di oltre il 25% dai massimi di gennaio, toccando a fine maggio quota 58,67 $. Due crolli ravvicinati, tra fine marzo e inizio aprile, hanno riportato i valori su livelli che non si vedevano da mesi. Ma il movimento in corso non riguarda solo le materie prime: le implicazioni per alcuni titoli azionari italiani sono tutt’altro che marginali.
Quando si parla di petrolio, è facile pensare solo ai produttori. In realtà, un ribasso così marcato del greggio può generare effetti rilevanti su più fronti, influenzando comparti diversi come energia, trasporti, industria pesante e perfino chimica. Il calo dei costi energetici tende ad alleggerire i bilanci delle aziende ad alta intensità di consumo, aumentando i margini e migliorando le prospettive di utile. Ma c’è anche l’altro lato della medaglia: per i titoli del settore oil & gas, la pressione al ribasso può comprimere i ricavi e costringere le società a rivedere strategie e investimenti. Comprendere il contesto attuale e i motivi dietro la caduta del prezzo del petrolio è fondamentale per individuare le azioni italiane che potrebbero beneficiarne o soffrirne nei prossimi mesi.

Secondo il report pubblicato a maggio dalla International Energy Agency, riferito ai dati di marzo, le scorte mondiali totali di petrolio sono aumentate di 25,1 milioni di barili, nonostante un balzo delle scorte di greggio di 57,8 milioni. Il dato suggerisce che i prodotti raffinati siano stati in parziale riduzione, compensando in parte l’aumento del greggio. Pochi giorni dopo, a inizio aprile, è arrivata la seconda scossa: l’OPEC+ ha annunciato l’inizio della graduale eliminazione dei tagli alla produzione, con un aumento previsto di 411.000 barili al giorno da luglio. La combinazione tra eccesso di offerta e segnali di domanda debole ha riportato il prezzo del WTI sotto i 60 $, su livelli che non si vedevano da dicembre.
I settori penalizzati: energia e oil services in prima linea
Il comparto energetico è il primo a risentire di un calo prolungato dei prezzi del petrolio. In Italia, titoli come ENI, Saipem e Tenaris sono direttamente esposti alla materia prima. Tenaris, in particolare, ha già subito un ribasso dell’11,26% nell’ultimo anno, e i suoi multipli riflettono una crescente cautela: P/E a 9,66, EV/EBITDA a 4,98, P/FCF a 7,61. Anche Saipem, per quanto impegnata in attività diversificate, è storicamente sensibile ai cicli delle commodities, mentre ENI potrebbe trovarsi costretta a rivedere le previsioni di cash flow e dividendo se i prezzi dovessero restare depressi. I titoli del settore, pur mantenendo una buona struttura patrimoniale, entrano in una fase delicata: ogni ulteriore debolezza del petrolio potrebbe tradursi in una compressione dei margini e in minori flussi operativi.

A livello globale, il sentiment riflesso nei report di Reuters e MarketWatch è simile: le stime sul WTI sono state riviste al ribasso a 63,35 $ per il 2025, mentre il Brent è atteso a 66,98 $, entrambi in calo rispetto alle previsioni di aprile. Un rimbalzo deciso appare possibile solo in presenza di una svolta restrittiva da parte dell’OPEC+, che per ora resta cauta.
I beneficiari indiretti: trasporti, industria e chimica in primo piano
Dall’altro lato, la discesa del prezzo del greggio potrebbe rivelarsi un’opportunità per diversi comparti della Borsa italiana. A partire dal settore trasporti e logistica, dove aziende come Maire Tecnimont, Fincantieri, Interpump o Ferrovie dello Stato potrebbero beneficiare di una riduzione dei costi di approvvigionamento energetico. In particolare, le aziende chimiche e industriali con forte esposizione ai consumi energetici potrebbero vedere migliorare i margini già nel secondo semestre.
Il settore automotive, con Stellantis in prima linea, è un altro candidato a trarre vantaggio da un contesto più favorevole sul fronte costi. Lo stesso vale per società del comparto alimentare e packaging, dove l’energia è una voce di spesa cruciale. In un contesto di rallentamento inflattivo, inoltre, il calo del petrolio potrebbe sostenere la fiducia dei consumatori, rilanciando indirettamente il comparto retail e beni di consumo ciclici.
In sintesi, l’attuale fase di debolezza del petrolio, pur penalizzando alcuni nomi storicamente legati al comparto energetico, potrebbe aprire spazi interessanti per chi cerca titoli capaci di beneficiare in modo indiretto della nuova dinamica dei prezzi.