Una tensione crescente percorre i mercati digitali, alimentata da nuove proposte e vecchi criteri. Qualcosa potrebbe cambiare davvero, ma nessuno osa ancora dirlo ad alta voce. Una mossa inaspettata riaccende un dibattito che sembrava sopito.
In un momento in cui i confini tra finanza tradizionale e innovazione sembrano più fragili che mai, basta una scintilla per riaprire una questione lasciata irrisolta da troppo tempo. Alcuni nomi noti sembrano voler sfidare gli equilibri consolidati, puntando i riflettori su regole che molti ritenevano già scritte. Eppure, nel mondo delle criptovalute, le certezze sono rare e ogni passo può diventare una svolta. C’è chi legge i segnali deboli nei documenti ufficiali, chi osserva i movimenti con sospetto, chi invece coglie opportunità nel disordine normativo. E poi c’è chi decide di agire, proponendo un’alternativa concreta in un contesto ancora troppo dominato dall’ambiguità.

Non si tratta solo di mercato o di interessi economici: è una questione di definizione, di linguaggio, di criteri. Perché in un settore dove ogni innovazione è anche una provocazione, ciò che conta davvero è stabilire chi decide cosa. E con quali strumenti. Le vecchie etichette non bastano più. Le nuove devono ancora essere accettate. E nel mezzo c’è una battaglia tra regole, modelli decentralizzati e un’industria che cerca legittimità.
Ripple mette in discussione i criteri della SEC con una proposta concreta
Ripple ha recentemente chiesto alla SEC di abbandonare due concetti chiave spesso usati per classificare un token come titolo finanziario: la “funzionalità” e la “decentralizzazione sufficiente”. Secondo l’azienda, questi termini sono troppo vaghi, difficili da applicare in modo oggettivo e lasciano spazio a interpretazioni arbitrarie. La proposta, riportata da CryptoBriefing, è quella di introdurre un “network maturity test”, un insieme di criteri chiari e misurabili per stabilire se un progetto blockchain è sufficientemente autonomo da non essere regolato come una security.

Tre i parametri proposti: una capitalizzazione di mercato superiore a 1 miliardo di $, almeno 10 anni di operativitàsu una rete pubblica e permissionless, e l’assenza di un controllo unilaterale da parte di una singola entità. Se un token risponde a queste condizioni, dovrebbe essere trattato come asset maturo e non come strumento di investimento speculativo. Ripple sottolinea che in un ambiente maturo e liquido, queste criptovalute dovrebbero godere di una regolamentazione più proporzionata, che favorisca trasparenza senza soffocare l’innovazione.
La risposta della SEC e il ruolo crescente della pressione pubblica
La proposta di Ripple non arriva in un vuoto normativo. La SEC è già da tempo al centro di critiche per l’approccio aggressivo e poco chiaro nei confronti del settore cripto. Voci come quella della commissaria Hester Peirce hanno più volte messo in dubbio la validità dell’applicazione sistematica del test di Howey a ogni asset digitale. Peirce ha affermato che un token senza diritti economici o legami con un’entità aziendale non dovrebbe essere trattato come security, una visione che si allinea a quella avanzata da Ripple.
Inoltre, la battaglia legale in corso tra Ripple e SEC ha già avuto ricadute importanti: alcune decisioni hanno riconosciuto che XRP non può essere considerato security in ogni contesto. Secondo CCN, la proposta di Ripple potrebbe rappresentare un punto di svolta, offrendo una via più oggettiva e funzionale alla classificazione degli asset digitali. Se accolta, cambierebbe radicalmente il modo in cui la regolamentazione cripto viene pensata negli Stati Uniti, aprendo spazi di manovra anche per altri progetti in fase avanzata.