NASpI anche se ti dimetti? Ecco quando è possibile (e legale)

Pressioni continue, ansia crescente, giorni che iniziano con il magone e finiscono con l’esaurimento. Non è solo stanchezza: è il segnale che qualcosa sul lavoro si è rotto. Quando l’ambiente diventa tossico, chi ci sta dentro si ritrova a dover scegliere tra la propria salute e lo stipendio.

Ma lasciare il lavoro significa rinunciare alla sicurezza economica? Non sempre. In certi casi, le dimissioni per giusta causa danno accesso alla NASpI, l’indennità di disoccupazione dell’INPS. La parola chiave, però, è una: dimostrare.

Persona disperata
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Non si arriva da un giorno all’altro a pensare di andarsene. Il pensiero matura lentamente, ogni volta che la tensione sale, che si dorme male, che il corpo si ribella con emicranie o tachicardia. Chi ha vissuto sulla propria pelle stress da lavoro, mobbing o straining, sa bene cosa significa sentirsi in trappola, senza energie e senza via d’uscita.

Per molti, il dubbio è se esista un modo legale per dire basta senza perdere tutto. La risposta esiste, ma è necessario muoversi con consapevolezza, perché ogni dettaglio conta. Le dimissioni per giusta causa non sono solo una formula burocratica, ma una tutela reale per chi affronta condizioni di lavoro intollerabili.

Quando lasciare il lavoro diventa una scelta necessaria

Per accedere alla NASpI dopo le dimissioni, serve che queste siano motivate da una causa grave, come previsto dall’art. 2119 del Codice Civile. Rientrano in questa categoria situazioni di mancato pagamento dello stipendio, violazioni contrattuali, mobbing o condizioni di stress talmente pesanti da compromettere la salute del lavoratore.

Persona che ha rassegnato le dimisisoni
Quando lasciare il lavoro diventa una scelta necessaria-crypto.it

Il mobbing si manifesta attraverso azioni ripetute, vessatorie e intenzionalmente dannose verso un dipendente. Lo straining, invece, non richiede una volontà persecutoria, ma è comunque legato a condizioni ambientali che rendono impossibile continuare a lavorare: turni massacranti, umiliazioni costanti, isolamento, demansionamenti.

In entrambi i casi, l’INPS riconosce la possibilità di accedere all’indennità. Ma il riconoscimento non è automatico. Bisogna presentare prove: messaggi, email, certificati medici, eventuali testimonianze. Serve traccia di tutto ciò che dimostra la situazione subita. Più i documenti sono dettagliati, più alte sono le possibilità che l’INPS accetti la richiesta.

Come presentare le dimissioni e ottenere la NASpI

Le dimissioni devono essere formalizzate online sul portale del Ministero del Lavoro. È importante indicare chiaramente che si tratta di dimissioni per giusta causa, spiegando brevemente le motivazioni (es. stress cronico, comportamenti vessatori, violazioni gravi).

È consigliabile inviare anche una PEC o una raccomandata al datore di lavoro con la stessa comunicazione. Questo aiuta a chiarire le ragioni e a rafforzare la documentazione. In alcuni casi (come per le madri lavoratrici o secondo certi CCNL) è richiesta anche una convalida presso l’Ispettorato del Lavoro.

La domanda per la NASpI va inoltrata all’INPS entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto. Si può fare online, tramite patronato o chiamando il contact center. Vanno allegati tutti i documenti che provano la giusta causa: certificati, copie delle comunicazioni inviate, eventuali denunce o referti.

Se l’INPS non accetta la richiesta, si può presentare un ricorso. Molte sentenze recenti hanno dato ragione ai lavoratori, confermando che lo stress lavorativo grave, se ben documentato, può giustificare le dimissioni con diritto alla NASpI.

Lasciare un lavoro malsano non è una fuga, è una forma di tutela personale. Quando continuare significa danneggiarsi, voltare pagina diventa l’unica strada possibile. Vale la pena farlo nel modo giusto, senza rinunciare a ciò che spetta.

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