Nel silenzio lasciato dagli ETF su Bitcoin, che sembravano destinati a rivoluzionare la finanza tradizionale, una nuova forma di esposizione crypto si sta facendo strada tra gli investitori: gli Exchange-Traded Notes (ETN). Meno noti, ma potenzialmente più flessibili, gli ETN stanno attirando l’attenzione di chi cerca accesso ai mercati digitali senza detenere direttamente asset volatili come Bitcoin o Ethereum. Il secondo atto delle criptovalute potrebbe partire proprio da qui.
Quando a gennaio 2024 la SEC ha approvato i primi ETF spot su Bitcoin, molti analisti li hanno definiti l’apertura definitiva delle criptovalute alla finanza istituzionale. I flussi iniziali hanno confermato quell’entusiasmo: miliardi di dollari sono confluiti in pochi giorni in prodotti emessi da colossi come BlackRock e Fidelity. Tuttavia, con il passare dei mesi, la narrazione si è spenta.

La volatilità del prezzo, la concorrenza tra emittenti e una regolamentazione ancora fluida hanno limitato la spinta propulsiva degli ETF. E proprio mentre l’interesse sembrava calare, alcuni operatori hanno iniziato a guardare altrove: agli ETN, strumenti meno visibili, ma non meno promettenti.
Cosa sono gli ETN e perché ora attirano più attenzione
Gli Exchange-Traded Notes sono titoli di debito emessi da istituzioni finanziarie, progettati per replicare il rendimento di un indice sottostante, spesso legato a un asset specifico come il Bitcoin. A differenza degli ETF, che detengono fisicamente l’asset o un derivato di esso, gli ETN sono promesse di pagamento, basate sulla solvibilità dell’emittente. Questo significa nessun tracking error e una replica più precisa, ma anche un rischio di credito che gli investitori devono considerare.
Il loro ritorno d’interesse non è casuale. Secondo Bloomberg, nel primo trimestre del 2025 il volume di scambio degli ETN legati alle criptovalute in Europa è cresciuto del 37% rispetto al trimestre precedente. Parte del successo è dovuto alla struttura più flessibile, alla possibilità di accedere a indici più complessi (come quelli legati a portafogli multi-crypto o a blockchain emergenti), ma anche a regole meno stringenti in mercati come Germania e Svezia, dove questi strumenti sono in circolazione da tempo.

A ciò si aggiunge un fattore fiscale: in molte giurisdizioni, gli ETN crypto non sono soggetti agli stessi regimi di capital gain degli ETF statunitensi, offrendo vantaggi a chi li detiene a lungo termine. È anche per questo che UBS, Xtrackers (gruppo DWS) e VanEck stanno aumentando l’offerta di ETN crypto in Europa.
Limiti strutturali, rischi e prospettive di sviluppo
Nonostante i vantaggi, gli ETN presentano alcune criticità. Il primo è la liquidità: al di fuori dei mercati principali, molti strumenti hanno spread elevati, con rischi in caso di uscita anticipata. Inoltre, trattandosi di debito non garantito, l’affidabilità dell’emittente è centrale. In uno scenario di tensioni finanziarie, l’investitore è esposto al rischio che l’intermediario non onori il pagamento.
Un altro punto chiave è la trasparenza. Mentre gli ETF sono soggetti a obblighi informativi stringenti, gli ETN possono variare notevolmente in termini di disclosure. Secondo Morningstar, nel 2024 il 22% degli ETN crypto non forniva aggiornamenti settimanali sui sottostanti, complicando l’analisi per il retail.
Nonostante questi ostacoli, la crescita degli ETN crypto suggerisce che il mercato sta evolvendo. L’interesse non è più solo su ETF su Bitcoin spot, ma si sta spostando verso strumenti più sofisticati, adatti a strategie diversificate e a operatori più esperti. In altre parole, il secondo atto della finanza crypto è già iniziato, anche se in punta di piedi. E potrebbe essere molto più interessante del primo.