Nel 2025 i mercati americani mostrano segnali che ricordano in modo inquietante quelli del 2018. Ottimismo apparente, rally improvvisi e un equilibrio fragile tra politica fiscale, rendimenti obbligazionari e scenari globali. Secondo Barclays, potremmo essere di fronte a una replica di quel copione: crescita iniziale, tensioni commerciali, e infine un brusco risveglio. Capire cosa accadde nel 2018 può aiutare a leggere meglio i rischi odierni.
A volte la storia non si ripete, ma fa rima. Chi osserva i mercati sa che certi pattern non spariscono: mutano, si mimetizzano, ma poi ritornano sotto altra forma. E spesso, nel momento in cui si inizia a pensare che “questa volta è diverso”, è lì che il ciclo si chiude. Quando un colosso come Barclays lancia un segnale d’allarme – sostenendo che “i mercati sembrano tornare al copione del 2018” – conviene prendersi un momento per guardarsi indietro.

Perché non si tratta solo di dazi o rendimenti. È una questione di memoria, di riconoscere i segnali deboli prima che diventino evidenti. Il 2018 fu tutto fuorché lineare: iniziò in un clima di entusiasmo e si chiuse sull’orlo del panico. Se il 2025 sta davvero seguendo lo stesso tracciato, capire a fondo quel precedente potrebbe essere più utile di qualunque previsione tecnica.
Il 2018 fu l’anno della volatilità nascosta
Gennaio 2018 si aprì all’insegna dell’euforia. Gli indici azionari statunitensi toccarono nuovi massimi, sostenuti dai tagli fiscali dell’amministrazione Trump. Ma già a febbraio arrivò un brusco risveglio: il Dow Jones perse oltre 1.000 punti in un solo giorno a causa dei timori per un’inflazione in risalita e una Federal Reserve più aggressiva.

L’estate portò un temporaneo sollievo, con rimbalzi guidati dai titoli tech, ma tra agosto e ottobre la guerra commerciale con la Cina degenerò. I dazi reciproci colpirono la fiducia globale. Intanto la Fed, sotto la guida di Jerome Powell, proseguì con quattro rialzi dei tassi nel 2018. A dicembre, il mercato crollò: l’S&P 500 perse il 9% nel solo ultimo mese dell’anno, chiudendo con una correzione del 20% dai massimi. Una delle peggiori chiusure natalizie della storia di Wall Street.
2025: un ritorno al passato?
Secondo Emmanuel Cau, strategist di Barclays, oggi esistono parallelismi preoccupanti. La tregua commerciale tra Stati Uniti e Cina ha ridato fiducia al mercato, ma dietro il rimbalzo si nascondono tensioni più profonde. I rendimenti del Treasury a 10 anni hanno raggiunto il 4,5%, mentre quelli a 30 anni si avvicinano al 5%. Tutto questo in un contesto di deficit pubblici crescenti, aggravati dai nuovi tagli fiscali in discussione al Congresso.
Barclays evidenzia come il vero tema del 2025 non siano più i dazi, ma i deficit e la sostenibilità del debito USA. Il mercato, secondo la banca, sta sottovalutando il rischio che la volatilità dei tassi diventi strutturale, mettendo in crisi la fiducia sull’equity.
In parallelo, il recente calo del petrolio offre un sollievo solo parziale: secondo Barclays, è un effetto dell’offerta più che della domanda, e i consumatori non ne percepiscono ancora i benefici. I breakeven sull’inflazione restano immobili, e il sentiment generale fragile.
Se il 2018 fu una lezione dura per molti investitori, il 2025 potrebbe diventarlo per chi crede che tutto sia già sotto controllo. E la storia, come sempre, non aspetta chi arriva in ritardo.