Giovane, disoccupata e del Sud: ecco perché la Cassazione dice che il padre deve continuare a mantenerla

Una nuova sentenza della Cassazione rimette tutto in discussione, affrontando un nodo che tocca migliaia di famiglie italiane. L’assegno di mantenimento  non è più solo una questione d’età: ora conta anche dove si vive e quanto è davvero possibile costruirsi un futuro.

C’è una ragazza di vent’anni che vive in un paesino del Sud, nella provincia di Ragusa. Ha finito le scuole, non ha continuato l’università, ma cerca lavoro con serietà. Nonostante questo, le porte restano chiuse. Nessuna colpa, solo sfortuna e un contesto difficile.

Ragazza felice
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Un tribunale le aveva negato l’assegno di mantenimento perché “ormai grande”, ma la Cassazione ha ribaltato tutto. Per i giudici, non basta diventare maggiorenni per cavarsela da soli: serve autonomia vera, e questa, in certi luoghi, è una conquista tutt’altro che semplice.

La sentenza non è solo tecnica. È un messaggio chiaro: i genitori non possono lavarsene le mani solo perché un figlio ha compiuto diciotto anni. Se vive in una zona con poche possibilità, dove la disoccupazione giovanile è altissima, quel sostegno deve continuare, almeno finché il figlio prova davvero a diventare indipendente.

L’età non basta: bisogna guardare il contesto

Per troppo tempo si è pensato che l’assegno di mantenimento fosse legato solo all’età o al fatto di studiare. Ma la Cassazione, con l’ordinanza 12121/2025, ha stabilito un principio diverso: bisogna valutare anche le concrete opportunità occupazionali. Non tutti i ventenni vivono le stesse condizioni. E non è equo trattarli tutti allo stesso modo.

Giudice che scrive una sentenza
L’età non basta: bisogna guardare il contesto-crypto.it

Nel caso in questione, la giovane non studiava, ma cercava lavoro in una provincia dove le offerte sono poche e spesso inaccessibili. Il tribunale aveva dato troppo peso al fatto che non frequentasse l’università, ma i giudici supremi hanno detto che questo non basta per togliere il diritto al mantenimento. La zona geografica e le sue difficoltà fanno la differenza, soprattutto se si parla di giovani donne, che spesso subiscono una doppia penalizzazione.

Questo non significa che il genitore debba mantenere il figlio all’infinito. Ma finché quest’ultimo dimostra di cercare una propria strada, con serietà, l’obbligo resta. È una forma di solidarietà familiare, che tiene conto della realtà, non solo dei numeri.

Quando il Sud pesa più dell’età anagrafica

Il Sud Italia, purtroppo, continua a offrire meno occasioni lavorative rispetto al resto del Paese. In particolare, le giovani donne si trovano spesso escluse, o costrette a lavori precari e sottopagati. In un contesto così, la responsabilità dei genitori separati non si può azzerare con un compleanno.

La Corte ha ricordato anche che il padre, durante la separazione, aveva chiesto lui stesso di versare un assegno alla figlia appena maggiorenne. Una contraddizione che ha pesato sulla decisione. Non si può promettere supporto e poi tirarsi indietro quando la situazione si fa scomoda.

Questa sentenza lancia un messaggio forte: non è l’età a dire se un figlio è davvero autonomo, ma le sue possibilità reali. E finché queste mancano, serve un sostegno. Ma fino a che punto è giusto pretendere che un genitore continui a farsi carico di ciò che, forse, dovrebbe essere garantito dalla società?

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