Hai una carta prepagata? Potrebbe alzarti l’Isee (anche se pensi di no)

Ormai è chiaro a molti che i titoli di Stato fino a 50 mila euro non incidono più sull’Isee. Ma quanti si chiedono, invece, se una semplice carta prepagata può fare la differenza nel calcolo dell’indicatore? La risposta, per molti, sarà sorprendente. Non sempre si tratta di grandi cifre o investimenti importanti: a volte sono i dettagli più piccoli a pesare.

In un periodo in cui ogni bonus può aiutare davvero, conoscere cosa rientra nel patrimonio considerato ai fini Isee è più che mai importante. Non basta guardare solo ai redditi da lavoro o alle proprietà immobiliari. Anche strumenti finanziari apparentemente secondari possono influire sull’accesso a prestazioni sociali agevolate. E se non li dichiari, rischi di perdere diritti o, peggio, incorrere in sanzioni.

Carte
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Tutto parte da un documento ben preciso, la Dichiarazione Sostitutiva Unica, che molti compilano senza rendersi conto del suo reale impatto. E dentro ci va più di quanto si pensi.

Titoli di Stato fuori dal patrimonio: cosa cambia davvero

Con le modifiche entrate in vigore nel 2025, i titoli di Stato fino a 50 mila euro non sono più inclusi nel calcolo dell’Isee. È un’agevolazione pensata per sostenere chi investe in strumenti sicuri e per favorire l’accesso alle prestazioni sociali da parte di piccoli risparmiatori. Ma l’esclusione vale solo se non si supera quella soglia. Chi possiede titoli per importi superiori, invece, continua a vederli conteggiati nel patrimonio mobiliare.

Persona che compila un modulo Isee
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La regola si applica a strumenti come Btp, Bot, Cct e simili (ad esempio buoni postali). Attenzione però: anche se questi titoli non vengono contati, vanno comunque dichiarati all’interno della Dichiarazione Sostitutiva Unica. Sarà poi l’Inps ad applicare l’esclusione automatica se i requisiti sono rispettati.

L’Isee, infatti, è molto più di un semplice certificato: rappresenta una fotografia della situazione economica complessiva di un’intera famiglia. Per questo motivo bisogna indicare non solo i redditi, ma anche conti, investimenti, risparmi e ogni forma di patrimonio. E sì, anche le carte prepagate fanno parte di questo quadro.

Carte prepagate e Isee: tutto quello che (forse) non sai

Una delle domande più trascurate, ma fondamentali, è se le carte prepagate devono essere dichiarate nell’Isee. La risposta è sì, sempre. Non fa differenza che la carta abbia o meno un Iban: se contiene denaro o viene usata per ricevere ricariche, fa parte del patrimonio mobiliare e deve essere riportata nella DSU.

Le carte con Iban vanno inserite nella sezione riservata ai conti correnti. Quelle senza Iban, invece, in una sezione diversa, ma il principio non cambia: saldo e giacenza media dell’anno precedente vanno dichiarati. Anche se la cifra è modesta, può influire sul risultato finale.

Molti ignorano che nell’Isee vanno considerati i dati di tutto il nucleo familiare: non solo chi presenta la domanda, ma anche conviventi, figli e coniugi. Anche un figlio maggiorenne, se ancora fa parte dello stato di famiglia, va incluso. E così anche le sue carte, i suoi risparmi, i suoi eventuali investimenti.

Trascurare una prepagata può sembrare un errore banale, ma può diventare un problema serio. Non è raro che proprio questi piccoli dettagli portino a un Isee più alto del previsto, con la conseguente perdita di bonus importanti. Meglio fare attenzione, magari con il supporto di un patronato o di un consulente, per evitare sorprese.

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