Chi guarda al metallo sbagliato rischia di perdere il vero segnale. Il rapporto tra oro e argento, spesso sottovalutato, si è rivelato storicamente uno degli indicatori più affidabili per anticipare i grandi movimenti del mercato azionario. Quando il metallo grigio prende forza rispetto al metallo giallo, i cicli economici sembrano cambiare rotta. Non è magia, ma statistica e osservazione storica.
Siamo abituati a pensare all’oro come bene rifugio e all’argento come suo fratello minore, spesso sottovalutato. Ma è proprio nel comportamento relativo di questi due metalli che si cela un’informazione preziosa. Da oltre un secolo, gli investitori attenti ai cicli economici osservano con attenzione il rapporto oro/argento come uno strumento per decifrare lo stato d’animo dei mercati e anticipare fasi di rischio o propensione al rischio. Un rapporto che sale spesso segnala paura, un rapporto che scende indica fiducia. E quando questa metrica si incrocia con il comportamento del Dow Jones, le sorprese sono tutt’altro che casuali.

Alcune delle fasi di forte discesa del rapporto, infatti, si sono verificate in corrispondenza di movimenti rialzisti duraturi del mercato azionario, mentre i picchi del rapporto sono spesso coincisi con l’avvio di fasi correttive o vere e proprie crisi finanziarie. Analizzare questa correlazione storica potrebbe offrire spunti operativi anche per i portafogli odierni, in un contesto dominato dall’incertezza geopolitica e dalla volatilità. Vuoi scoprire perché?
Il significato del rapporto oro/argento nei cicli economici
Il rapporto oro/argento indica quante once di argento servono per acquistare un’oncia di oro. Valori elevati (sopra 80) si sono sempre verificati durante fasi di stress finanziario: nel 2008 durante la crisi Lehman, nel 2020 con il crollo dei mercati legato al Covid, il rapporto ha toccato livelli record, superando quota 110. In queste fasi, l’oro — bene rifugio per eccellenza — attira flussi difensivi, mentre l’argento (che ha anche usi industriali) viene trascurato.

Quando invece il rapporto scende sotto i 60, è spesso un segnale che gli investitori stanno ritornando su asset più ciclici, tra cui l’argento e soprattutto l’azionario. Non è un caso che queste discese siano coincise con forti rally del Dow Jones, come tra il 2009 e il 2011 o tra il 2020 e il 2021. In sostanza, una discesa del rapporto oro/argento ha spesso preceduto — o accompagnato — riprese importanti del mercato azionario.
Dow/gold e Dow/silver: rapporti chiave per chi cerca timing
Non basta però osservare il rapporto tra i due metalli. Un altro strumento utile è il rapporto Dow/oro o Dow/argento, che indica quante once di metallo servono per acquistare l’indice azionario americano. Quando questi rapporti salgono, significa che l’azionario sta sovraperformando i beni rifugio, segnalando ottimismo e propensione al rischio. Quando invece scendono, l’oro e l’argento stanno sovraperformando: segnale chiaro di ritiro dal rischio.
Ad esempio, nel periodo 1970-1980 — un decennio inflazionistico — il Dow/gold ratio crollò, mentre il prezzo dell’oro si impennava. Lo stesso accadde, in scala minore, tra il 2000 e il 2002 e tra il 2007 e il 2009. Oggi, con il rapporto oro/argento tornato in discesa e i rapporti Dow/metalli in fase laterale, i mercati potrebbero trovarsi a un bivio.
Chi segue l’analisi ciclica sa che questi incroci tra metalli e azionario non sono casuali. Il rapporto oro/argento è più di una curiosità: è un potenziale leading indicator per anticipare i cambiamenti di regime nel mercato.