La pensione in Italia si può calcolare con sistema misto, contributivo o retributivo. Presto uno dei tre sparirà.
Ci sono differenze rilevanti tra i tre diversi sistemi di calcolo della pensione. Il più penalizzante è il sistema contributivo, quello più vantaggio il calcolo retributivo ma proprio quest’ultimo è destinato all’estinzione.

I contributi sono fondamentali per il diritto alla pensione e per calcolare l’importo dell’assegno pensionistico. Tutte le formule di pensionamento in Italia, infatti, prevedono un requisito contributivo da soddisfare mentre quello anagrafico può anche non essere contemplato. Non solo, per andare in pensione anticipata serve un alto numero di contributi come 41 anni per i precoci o 42 anni e dieci mesi per la pensione anticipata ordinaria per gli uomini (un anno in meno per le donne).
Nel momento del calcolo dell’assegno, poi, saranno fondamentali i contributi maturati specialmente nel sistema di calcolo contributivo. Avere una bassa contribuzione significherà dover vivere con un importo mensile insufficiente per soddisfare esigenze e desideri. Meno rilevanti – ma comunque determinanti – i contributi nel sistema retributivo dato che questo si basa principalmente sugli stipendi degli ultimi anni di attività) solitamente più elevati. Purtroppo tale sistema è stato superato a causa di una precaria sostenibilità finanziaria. La Riforma Dini ha introdotto il metodo contributivo e oggi, i nuovi lavoratori non hanno alcuna possibilità di beneficiare dei vantaggi del calcolo retributivo.
Tre sistemi di calcolo della pensione, penalizzazioni per i contributivi puri
Solo chi al 31 dicembre 1995 risulta aver maturato 18 anni di contributi può ancora approfittare del sistema retributivo. Si capisce bene come tale calcolo è in fase di sparizione. Per coloro che hanno meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 c’è, invece, il sistema misto. Funziona suddividendo il calcolo pensionistico in due, retributivo per i contributi versati prima del 1996 e contributivo per quelli maturati dal 1° gennaio 1996.

Tutti i lavoratori che hanno iniziato a versare contributi dal 1996 in poi (e chi è andato in pensione con particolari scivoli come Opzione Donna e Quota 103) rientrano nel sistema di calcolo contributivo, il più penalizzante. Parliamo di una differenza minima del 30% tra stipendio e pensione.
L’importo dell’assegno dipenderà esclusivamente dai contributi effettivamente maturati in tutta la carriera lavorativa, dai rendimenti annuali applicati al montante contributivo e dal coefficiente di trasformazione legato all’età di pensionamento (nel 2025 questi coefficienti sono stati resi più svantaggiosi). Più si attende per lasciare il mondo del lavoro più la pensione sarà alta. Questo sistema sarà anche più sostenibile per lo Stato ma più penalizzante per i lavoratori.