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Avevo un Buono Fruttifero Postale di 5.000 euro e per un solo giorno ho perso tutto, Poste non mi ha voluto rimborsare

Pubblicato da
Pasquale Antoniacci

Un Buono Fruttifero Postale da 5.000 € è andato perso per un solo giorno di ritardo: Poste Italiane non ha rimborsato nulla. La prescrizione scatta automaticamente dopo 10 anni dalla scadenza e non sono ammessi ricorsi. È una vicenda reale che sta colpendo molti risparmiatori distratti o poco informati.

I buoni postali cartacei, a differenza di quelli dematerializzati, non vengono rimborsati automaticamente alla scadenza. Per ottenere il rimborso è necessario presentarsi fisicamente in ufficio postale con il titolo originale, entro dieci anni dalla naturale scadenza. Se non riscossi entro questo termine, i Buoni Fruttiferi Postali perdono qualsiasi valore economico, sia in termini di capitale che di interessi. La norma è contenuta nel Decreto MEF 6 ottobre 2004 e riguarda centinaia di migliaia di risparmiatori, spesso ignari di queste tempistiche stringenti.

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È quanto accaduto anche al titolare di un buono da 5.000 €, che si è presentato in Posta con un solo giorno di ritardo rispetto alla scadenza. Il titolo risultava ormai prescritto e Poste Italiane ha negato ogni forma di rimborso. Nessuna deroga è stata concessa, nemmeno in presenza del lieve ritardo e della buona fede dell’intestatario. L’azienda ha ribadito l’impossibilità assoluta di eccezioni, in conformità alla disciplina vigente. Anche la giurisprudenza italiana, in casi simili, ha confermato la piena legittimità della prescrizione, sottolineando che il termine legale non può essere in alcun modo sospeso o prorogato.

Prescrizione automatica: cosa dice la normativa e perché non ci sono deroghe

I Buoni Fruttiferi Postali cartacei smettono di maturare interessi alla data di scadenza. A quel punto, il titolare ha 10 anni di tempo per richiedere il rimborso. Superato questo periodo, il titolo si considera prescritto: il diritto a capitale e interessi è perso per sempre, senza eccezioni. Come ribadito anche dalla Corte di Cassazione e dal MEF, la norma non prevede alcuna tolleranza. Il caso dei 5.000 € persi per un solo giorno lo dimostra: il titolo era scaduto a fine giugno 2014 e il tentativo di riscossione è avvenuto il 1° luglio 2024, ma la prescrizione era già scattata.

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Il fondo nel quale confluiscono le somme non riscosse è quello dei rapporti dormienti, gestito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Anche la mancanza di indicazioni chiare sulla data di scadenza non ferma i termini. Una recente pronuncia del Tribunale di Ivrea ha stabilito che neanche l’assenza del foglio informativo allegato al buono costituisce impedimento alla prescrizione.

Come evitare di perdere tutto: controllare la scadenza e agire per tempo

Per evitare episodi come quello appena descritto, è fondamentale sapere che nel biennio 2025–2026 andranno in prescrizione i buoni scaduti nel 2015–2016. Si tratta in gran parte di buoni trentennali emessi tra gli anni ’80 e ’90: serie P, Q, R e S, tra le più diffuse. Il titolare può verificare la scadenza riportata sul retro del titolo o rivolgersi a un ufficio postale per una consulenza. I buoni emessi a inizio 1995, ad esempio, sono scaduti nel 2025 e dovranno essere riscossi entro il 2035.

Chi dimentica la scadenza, anche solo per pochi giorni, rischia di perdere tutto. L’unica alternativa sicura è sottoscrivere i buoni dematerializzati, che vengono accreditati automaticamente su conto BancoPosta o libretto postale al momento della scadenza.
Poste pubblica ogni anno un elenco dei buoni in scadenza imminente: consultarlo periodicamente può salvare migliaia di euro. Il caso dei 5.000 € prescritti deve essere un monito per tutti i risparmiatori: anche un solo giorno può fare la differenza tra incassare e perdere tutto.

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