Quando un’azienda chiude e non versa il TFR, molti lavoratori temono di non ricevere più nulla. Ma in alcuni casi l’INPS può intervenire e pagare al posto del datore. Per ottenerlo, però, servono requisiti precisi e documenti specifici.
Ricevere il Trattamento di Fine Rapporto è un diritto riconosciuto a ogni lavoratore dipendente. Ma quando l’impresa fallisce, si rende irreperibile o viene cancellata dal registro delle imprese, il pagamento diretto da parte del datore diventa impossibile. È in questi casi che subentra il Fondo di Garanzia dell’INPS, istituito dalla Legge 297/1982.
Il Fondo copre il TFR non versato e, in alcuni casi, anche le ultime tre mensilità non pagate. Secondo fonti ufficiali come INPS.it, Studio Legale Ciardigessa e Studio Magrì, è possibile attivare la procedura in presenza di fallimento, liquidazione, o in alternativa se si è ottenuto un titolo esecutivo contro l’azienda ormai incapiente.
Attenzione però: non tutti i casi danno diritto automatico al pagamento da parte dell’INPS. Serve dimostrare la reale insolvenza del datore e allegare i documenti previsti dalla normativa. Chiariamo quando si può fare domanda e cosa serve per ottenerne l’accoglimento.
Il Fondo di Garanzia dell’INPS si attiva solo in determinate circostanze. Il caso più frequente è quello dell’azienda soggetta a procedura concorsuale: fallimento, concordato preventivo, amministrazione straordinaria, liquidazione coatta.
In questo scenario, come chiarito da Pensionioggi e Studio Giacomo Dei, il lavoratore ha diritto al pagamento del TFR e delle ultime retribuzioni maturate. È necessario:
– che il rapporto di lavoro sia cessato;
– che il credito sia stato ammesso allo stato passivo;
– che la procedura sia stata aperta da un tribunale competente.
L’intervento dell’INPS è previsto anche se l’azienda non è fallita, ma risulta insolvente. In questo caso, il lavoratore deve:
– ottenere un titolo esecutivo (come un decreto ingiuntivo);
– tentare un pignoramento;
– dimostrare l’infruttuosità dell’azione.
Possono presentare domanda anche gli eredi del lavoratore, i dirigenti industriali, i soci di cooperative e, in certi casi, i cessionari del TFR. Tutti devono dimostrare il diritto al credito e fornire la documentazione richiesta.
La domanda si inoltra online attraverso il portale INPS con SPID, CIE o CNS, oppure tramite patronato o legale abilitato.
Nel caso di azienda fallita, è necessario allegare:
– copia della sentenza di fallimento o del provvedimento di apertura della procedura;
– copia dello stato passivo che attesti il credito per TFR e retribuzioni;
– copia della busta paga finale o prospetto contabile.
Nel caso di azienda non fallita:
– copia del titolo esecutivo (es. decreto ingiuntivo);
– prova del tentato pignoramento negativo;
– copia della lettera di licenziamento o cessazione.
Secondo Studio Legale Magrì e Avvocato Giacomo Dei, i tempi di liquidazione da parte dell’INPS sono di circa 60 giorni dalla completa presentazione della pratica. Eventuali richieste di integrazione possono allungare l’attesa.
Il diritto alla prestazione si prescrive in 5 anni dalla data di cessazione del rapporto. È quindi fondamentale agire con tempestività.
L’intervento dell’INPS rappresenta una tutela fondamentale per i lavoratori che rischiano di perdere il TFR a causa del fallimento dell’azienda. Ma per ottenerlo è indispensabile presentare la documentazione corretta e dimostrare in modo inequivocabile l’insolvenza del datore.
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