Tre giorni non bastano? Ogni mese sembra sfuggire via, tra impegni, visite, terapie e quella continua rincorsa tra lavoro e assistenza. Quando si ha un familiare con disabilità grave, spesso i tre giorni di permesso previsti dalla Legge 104 sembrano una concessione simbolica. Eppure, ci sono situazioni in cui il tempo da dedicare a chi ha bisogno deve essere molto di più. Per fortuna, esistono strumenti concreti che consentono di fare un passo oltre. Ed è lì che il ruolo del caregiver familiare trova finalmente spazio e riconoscimento.
Non tutte le storie sono uguali, e chi si trova ogni giorno a gestire le fragilità di un proprio caro lo sa bene. L’assistenza non segue un orario d’ufficio, non ha un calendario fisso, e spesso non concede tregua. I tre giorni di permesso mensili previsti dalla legge possono rappresentare un piccolo sollievo, ma per molte famiglie non bastano nemmeno a coprire le emergenze. È in questi momenti che ci si chiede: è davvero tutto qui ciò che lo Stato prevede per chi si prende cura di un disabile?
Le risposte esistono, ma non sempre sono facili da trovare. Tra moduli, domande online, riferimenti normativi e pareri discordanti, il rischio è di perdere tempo prezioso. Ecco perché è utile fare chiarezza: perché la Legge 104 offre molto più di quanto si immagini, e sapere come muoversi può cambiare davvero la quotidianità di chi assiste un familiare in difficoltà.
La prima cosa da sapere è che i tre giorni mensili retribuiti non sono l’unico strumento a disposizione del caregiver familiare. Anzi, la normativa si è evoluta nel tempo, introducendo misure più flessibili per rispondere a situazioni complesse e continuative. Tra queste, spicca il congedo straordinario, un’assenza dal lavoro retribuita e coperta dall’INPS che può arrivare fino a un massimo di due anni nell’intera vita lavorativa.
Questo congedo può essere richiesto da chi assiste un familiare con disabilità grave, a patto che ci sia convivenza o residenza nello stesso comune. Può essere utilizzato in maniera frazionata, anche con interruzioni, per adattarsi ai bisogni reali della persona assistita. Un elemento importante è che durante questo periodo si ha diritto a un’indennità pari all’ultima retribuzione percepita, con la possibilità di maturare anche i contributi pensionistici.
Ad esempio, Federica, impiegata in un’azienda privata, ha richiesto il congedo straordinario per seguire il figlio durante un anno particolarmente critico per la sua malattia degenerativa. Grazie a questo strumento, è riuscita a garantire una presenza costante, senza dover rinunciare definitivamente al lavoro.
Oltre al congedo, è fondamentale sapere che i tre giorni di permesso non sono “condivisi”, ma individuali. Questo significa che un lavoratore disabile ha diritto a tre giorni, ma anche il familiare che lo assiste, se lavoratore dipendente, ha a sua volta diritto ad altri tre giorni. Quindi, potenzialmente, la stessa famiglia può godere di sei giorni complessivi. In certi casi, questo fa una grande differenza.
Un altro punto poco conosciuto riguarda la possibilità per più familiari di alternarsi nell’assistenza della stessa persona disabile. Fino a pochi anni fa, la normativa prevedeva la figura del “referente unico”. Oggi, invece, grazie al Decreto Legislativo n. 105 del 2022, questo limite è stato superato. Più parenti possono dividersi i tre giorni mensili, senza più l’obbligo di identificare un solo assistente principale.
Pensiamo al caso di due fratelli, entrambi lavoratori, che desiderano occuparsi del padre con grave disabilità. Potranno coordinarsi per utilizzare i tre giorni in modo flessibile: uno ne prende due, l’altro uno. Questo approccio favorisce una gestione più equilibrata e sostenibile dell’assistenza, senza sovraccaricare un solo membro della famiglia.
Non solo. Se un lavoratore assiste più persone con disabilità grave, la legge consente di cumulare i permessi. Quindi, si possono ottenere tre giorni per ogni familiare disabile, a condizione che l’assistenza sia reale, necessaria e non contemporanea. Marco, ad esempio, assiste sia la madre che il fratello, entrambi con certificazione ai sensi dell’art. 3, comma 3. Grazie a questa possibilità, può usufruire di sei giorni al mese, alternandoli in base alle necessità delle due persone.
È essenziale, in questi casi, presentare all’INPS tutta la documentazione che dimostri l’effettiva impossibilità da parte di altri familiari di fornire assistenza, e rispettare i criteri stabiliti nelle circolari applicative. Inoltre, è importante ricordare che i permessi mensili non possono essere fruiti negli stessi giorni in cui si è in congedo straordinario: bisogna alternare correttamente i due strumenti.
Il sistema è pensato per essere flessibile, ma richiede una buona organizzazione e una conoscenza approfondita delle regole. L’assistenza familiare non può e non deve essere lasciata al caso, ed è per questo che le tutele ci sono, anche se spesso vanno cercate con un po’ di determinazione.
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