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Categorie: News

4.550 euro spariti in un clic: cosa ha deciso l’Arbitro Bancario e perché non piacerà a molti

Pubblicato da
Gerardo Marciano

Un annuncio invitante, un prezzo allettante e la promessa di un affare sicuro: basta poco per far scattare la fiducia.
Quando si tratta di denaro, però, il confine tra opportunità e inganno è sottilissimo e un semplice clic può cambiare tutto.
La velocità dei pagamenti digitali è un vantaggio, ma può diventare un’arma a doppio taglio.
E quando la realtà mostra il suo volto più amaro, non restano solo i conti vuoti, ma anche la sensazione di essere stati lasciati soli. La storia di un bonifico finito nel posto sbagliato racconta più di mille manuali di diritto bancario.

Nel gennaio 2024 una persona interessata all’acquisto di un’auto usata trova un annuncio su un portale online.
L’auto risulta intestata a una società e, dopo aver contattato il numero indicato, inizia una trattativa con un interlocutore che invia fotografie e documenti via messaggi.

Le regole bancarie e il limite della tutela

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La proposta appare seria, tanto da convincere l’acquirente a versare un anticipo di 4.550 euro tramite bonifico il 19 marzo.
Poche ore dopo il pagamento, però, l’interlocutore svanisce nel nulla: telefono muto, chat bloccata, nessuna traccia della società.
Il 21 marzo la vittima si rivolge subito alla banca per tentare il blocco del pagamento. L’istituto avvia la procedura di recupero fondi, ma senza esito, poiché l’operazione era già stata completata. Dopo il rigetto del reclamo, resta solo il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario.

Il caso approda quindi davanti al Collegio di Bologna, che con la decisione n. 2623 del 12 marzo 2025 mette nero su bianco la posizione ufficiale. Secondo l’ABF, l’operazione non può essere considerata non autorizzata, perché il cliente ha disposto personalmente il bonifico, anche se vittima di un raggiro.
Riconoscere il contrario significherebbe caricare gli istituti di credito di ogni vizio del consenso, anche quando l’inganno proviene dall’esterno.

Le regole europee e la sottile linea della responsabilità

La decisione mette in luce un punto cruciale: un bonifico disposto volontariamente resta valido anche se frutto di una truffa.
La banca non è tenuta a rimborsare, a meno che l’operazione non sia stata eseguita in violazione delle procedure tecniche.
In questo caso, invece, tutto era regolare: il cliente aveva autorizzato l’operazione e l’istituto aveva tentato il recall, cioè il richiamo dei fondi, senza successo. Il risultato appare ingiusto a chi ha perso denaro, ma serve a garantire equilibrio nel sistema.
Se ogni frode comportasse il rimborso automatico, gli istituti diventerebbero responsabili di qualunque trappola architettata da terzi.
Il confine tra tutela e responsabilità diventa così sottilissimo e lascia un vuoto che il diritto non riesce a colmare.

Nel caso dell’auto usata, l’acquirente aveva perfino ignorato gli avvisi pubblicati sul sito della banca contro i pagamenti anticipati o le trattative via chat non ufficiali.

Le regole europee e la sottile linea della responsabilità-trading.it

 

Un dettaglio che ha pesato nella valutazione: non basta la buona fede per ottenere protezione, serve anche prudenza.
Ecco allora che la vicenda assume un valore più ampio, perché mostra i limiti concreti della protezione bancaria di fronte a un inganno raffinato.

Il peso della truffa e la fiducia tradita

Oltre ai numeri e alle regole, resta il vissuto di chi si ritrova improvvisamente senza risparmi.
La fiducia riposta in un annuncio, in un documento o in una voce dall’altra parte del telefono diventa una ferita difficile da rimarginare. Si pensa di aver seguito un percorso sicuro, ma la realtà rivela l’opposto: una trappola ben studiata che sfrutta la rapidità delle transazioni.

La vittima, in questo contesto, si sente ingannata due volte: dal truffatore che sparisce e da un sistema che, pur rispettando le regole, non restituisce ciò che è stato perso. Non è solo questione di diritto, ma di percezione: la legge dice una cosa, l’esperienza umana ne racconta un’altra.

Un esempio simile può essere quello di una persona che inserisce il proprio PIN su richiesta di un falso operatore. Tecnicamente l’operazione resta autorizzata, ma nella vita reale si tratta di un inganno perfetto. Il risultato è identico: soldi svaniti, poche speranze di recupero e una sfiducia crescente verso i servizi bancari digitali.

Il caso dell’auto usata e del bonifico da 4.550 euro diventa così il simbolo di un problema più ampio.
Le regole servono a mantenere ordine, ma non sempre coincidono con la giustizia percepita da chi subisce un raggiro.

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