Dieci anni è il tempo che occorre per recuperare i contributi da utilizzare per avere un assegno della pensione più alto.
I contributi sono fondamentali sia per il diritto alla pensione che per calcolare l’importo dell’assegno pensionistico. Se si ha la possibilità di recuperare la contribuzione non pagata bisognerebbe valutare l’occasione di percepire una somma maggiore una volta lasciato il mondo del lavoro.
Tutti i lavoratori dovrebbero avere l’accortezza di entrare periodicamente sul sito dell’INPS per verificare il corretto inserimento dei contributi da parte del datore di lavoro. Un impegno che salverà da una possibile situazione drammatica. Parliamo dell’eventualità in cui ad un passo dal pensionamento si dovesse scoprire che mancano molti contributi e che non si potrà, quindi, lasciare il mondo del lavoro come desiderato.
Naturalmente accertando che il datore di lavoro ha commesso errori si potrà avviare una procedura per ottenere un risarcimento e il versamento dei contributi omessi. Nel frattempo, però, passerà del tempo. Tempo prezioso che si sarebbe già potuto vivere nella tranquillità della pensione. Non solo, ci sono delle tempistiche da seguire per chiedere il recupero dei contributi superati i quali si perdono.
La sentenza 22802/2025 delle Sezioni Unite della Cote di Cassazione ha esteso i termini per il recupero dei contributi non pagati dal datore di lavoro. Una novità importante per i lavoratori che avranno più tempo per agire e tutelare i propri diritti previdenziali. Saranno dieci gli anni a disposizione per far pagare i contributi all’azienda e chiedere il risarcimento.
Una rivoluzione per la costituzione della rendita vitalizia da parte del datore che si è reso colpevole del mancato versamento dei contributi. La Suprema Corte ha stabilito un nuovo principio di diritto articolato in tre fasi. Inizialmente c’è la prescrizione dei contributi fissata in cinque anni. Dalla prescrizione, poi, il datore di lavoro ha dieci anni di tempo per chiedere la costituzione della rendita vitalizia.
Una volta trascorso questo termine decennale – saranno passati 16 anni dal mancato versamento – il lavoratore ha dieci anni di tempo per chiedere al datore il risarcimento del danno subito. Un periodo di tutela più lungo per il dipendente che ora ha facoltà di azione fino al 25esimo anno dall’omesso versamento dei contributi. Solo se non agirà entro questo lasso temporale allora il diritto di risarcimento cadrà inesorabilmente in prescrizione. La nuova sentenza però, sottolinea come la richiesta di rendita vitalizia non abbia termine di prescrizione. Non si potrà chiedere il risarcimento ma la rendita sì anche trascorsi i 25 anni.
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