Il prezzo del greggio ha registrato il calo settimanale più marcato degli ultimi due anni, con segnali di attenuazione del rischio geopolitico e dinamiche di offerta in trasformazione. Ma cosa potrebbe accadere ora, tra decisioni dell’OPEC e scorte americane?
Il mercato del petrolio vive una fase inedita. Dopo mesi di tensioni, la tregua tra Israele e Iran e il mantenimento della stabilità nello Stretto di Hormuz hanno eliminato gran parte del cosiddetto premio di rischio incorporato nei prezzi. A questo si è aggiunto l’annuncio dell’OPEC+ di un incremento produttivo per luglio, mentre dagli Stati Uniti sono giunti dati contrastanti sulle scorte di greggio.
Nell’ultima settimana di giugno, il Brent è sceso fino a circa 68,1 $, mentre il WTI ha toccato i 65,6 $, con perdite superiori al 12 % in pochi giorni. Secondo Reuters, è stato il ribasso più importante dal marzo 2023. La combinazione di fattori tecnici e geopolitici ha modificato radicalmente il sentiment degli investitori, riportando il focus su offerta e domanda più che su fattori esogeni.
Il trend potrebbe quindi cambiare, ma resta da capire se ci saranno segnali di rimbalzo o di consolidamento. Gli indicatori tecnici parlano chiaro, ma anche il comportamento dei grandi produttori sarà determinante.
Il primo catalizzatore del calo è stato senza dubbio il cessate-il-fuoco tra Israele e Iran, che ha ridimensionato i timori di chiusura dello Stretto di Hormuz, da cui transita circa il 20 % del greggio mondiale. Bloomberg e MarketWatch sottolineano come l’assenza di nuove escalation abbia portato a una rapida rimozione del premio geopolitico che da settimane pesava sui prezzi.
A questo si è aggiunto l’annuncio dell’OPEC+ di aumentare la produzione di oltre 400 000 barili al giorno da luglio. Secondo Macquarie, il mercato è tecnicamente in surplus di circa 2 milioni di barili al giorno, e questo spinge gli investitori a ridurre l’esposizione su contratti futures troppo esposti.
Sul fronte americano, le scorte di greggio sono risultate in lieve calo, ma non abbastanza da invertire la percezione di abbondanza. Le esportazioni statunitensi restano elevate, con livelli di produzione che si mantengono sopra i 13 milioni di barili al giorno.
Sul piano tecnico, il prezzo del WTI ha rotto il supporto dei 66 $, con indicatori come RSI (attorno a 46) e MACD che segnalano pressione ribassista. Le medie mobili a 20 e 50 giorni stanno incrociando al ribasso, lasciando presagire un possibile consolidamento nell’area 64–66 $. Anche il Brent, seppur più stabile, mostra un quadro tecnico simile, con lo stocastico ancora in zona neutra ma orientato verso il basso.
Secondo gli analisti di FXStreet e Reuters, la possibilità di un ulteriore calo non è da escludere, a meno che l’OPEC non riveda le proprie decisioni. Tuttavia, la debolezza attuale potrebbe diventare un’opportunità qualora emergessero segnali di riaccelerazione economica in Cina o se la domanda estiva superasse le attese.
In sintesi, il mercato del greggio si trova in una fase di transizione delicata: meno rischio geopolitico, più attenzione alla domanda globale, e un ruolo centrale delle strategie dei produttori per i prossimi mesi.
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