L’Arbitro Bancario Finanziario ha chiarito quando la banca è costretta a risarcire il cliente che ha subito un furto sul conto corrente.
La vicenda in questione ha come protagonista un correntista che ha subito un furto di 970 euro sul conto corrente. Ha chiesto un risarcimento all’istituto di credito e l’ABF ha accettato questa richiesta. Interessante capire quali condizioni hanno spinto l’organismo a prendere la decisione finale.
Le truffe circolano numerose sul web. Quasi ogni giorno subiamo tentativi di phishing e smishing e cadere nella trappola non è così difficile. I criminali informatici trovano sempre nuovi modi per raggirare i cittadini e rubare dati sensibili e soldi. Via e-mail, sms, WhatsApp e ora anche PagoPa. I tentativi di truffa hanno delle caratteristiche comuni che se note rendono più facile riconoscere la trappola.
Inviti a cliccare su link oppure a scaricare allegati o ancora a compilare form con dati di accesso personali. Mai agire in questo modo o si consegneranno le informazioni sensibili direttamente nelle mani dei cyber criminali che le useranno per raggiungere i loro biechi scopi. Gli obiettivi più ambiti dei malintenzionati sono sicuramente i conti correnti degli italiani. La banca deve fornire adeguata protezione ai correntisti altrimenti dovrà risarcirli in caso di furto.
La vicenda arrivata all’attenzione dell’ABF ha come protagonista un correntista che dopo aver subito un furto da 970 euro sul conto corrente ha chiesto inutilmente il rimborso alla banca. Allora ha deciso di rivolgersi all’Arbitro Bancario Finanziario per avere giustizia. L’organismo ha riconosciuto la legittimità del ricorso e obbligato l’istituto di credito a risarcire il correntista dei 970 euro rubati più i 20 euro spesi per la presentazione del ricorso. Inoltre ha costretto la banca a versare 200 euro alla Banca d’Italia come risarcimento delle spese per la procedura.
Come si è giunti a questa conclusione? Facciamo un passo indietro spiegando la vicenda. Dal conto corrente collegato a due carte di credito i malintenzionati hanno sottratto 970 euro tramite operazioni di pagamento non autorizzate. Il correntista ha dichiarato di non aver mai fornito i codici PIN delle carte a terze persone e di essere sempre stato in possesso delle stesse. Solo accedendo all’home banking si è accorto della sottrazione del denaro. Ha quindi bloccato subito le carte, sporto denuncia e comunicato alla banca il disconoscimento delle operazioni.
L’istituto di credito, però, non ha disposto il rimborso perché accusava il cliente di aver autorizzato le operazioni essendo state eseguite tramite l’inserimento del codice segreto e di un OTP generato da un mobile token associato al conto. Il correntista ha dichiarato di non sapere dell’esistenza del secondo dispositivo e che proprio da quello probabilmente sono partite le operazioni illecite. Non avendo prove del contrario, la banca non ha potuto fornire all’ABF la documentazione attestante che le operazioni siano state effettuate in modo sicuro e affidabile. Di conseguenza l’ABF ha accolto il ricorso del correntista. Clicca qui per la decisione completa.
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