La pensione di reversibilità viene erogata dall’INPS anche in caso di separazione ma solo al sussistere di alcune condizioni.
Quando un pensionato muore i familiari possono ricevere la pensione di reversibilità rispettando diversi requisiti, anche reddituali. Il coniuge e i figli sono i primi ad averne diritto ma il dubbio è se la misura spetti anche in caso di separazione o divorzio.
Il decesso di un familiare è un trauma che causa un forte dolore che solo il tempo riuscirà a lenire. Oltre al vuoto per aver perso una persona cara ci sono delle incombenze che gettando nel caos la vita dei superstiti. In più qualora il pensionato risultasse essere l’unica fonte di reddito della famiglia bisognerebbe pensare a come sopravvivere economicamente alla sua morte.
Interviene l’INPS con la pensione di reversibilità erogata ai superstiti. L’importo varia in base all’assegno percepito in vita dal de cuius e dal grado di parentela nonché dal numero di superstiti. La moglie con due o più figli, ad esempio, avrà una quota del 100% mentre il coniuge senza figli del 60%. La reversibilità spetta anche all’ex coniuge separato o divorziato?
Secondo la normativa italiana l’ex coniuge ha diritto alla pensione di reversibilità al pari del coniuge non separato. La quota spettante sarà, dunque, del 60% della pensione percepita dal de cuius al momento della morte. Saranno applicate decurtazioni in base al reddito personale dell’ex moglie o dell’ex marito.
Il taglio scatterà con redditi oltre i 23.579,22 euro e sarà pari al 25% rimanendo entro i 31.438,96 euro, del 40% per redditi fino a 39.298,70 euro e del 50% sopra i 39.298,70 euro. Dove fossero presenti sia il coniuge superstite che il coniuge divorziato secondo la Cassazione una quota della reversibilità dovrebbe essere erogata al coniuge divorziato qualora quest’ultimo non possieda un assegno alimentare autonomo (ordinanza numero 5839).
Secondo la Legge, dunque, il trattamento pensionistico si rivolge al coniuge o unito civilmente a meno che non si sposi nuovamente, al coniuge separato e al coniuge divorziato a condizione che questo sia titolare dell’assegno divorzile, non sia convolato nuovamente a nozze e che la data di inizio del rapporto assicurativo del defunto risulti anteriore alla data della sentenza attestante lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Secondo l’articolo 22 della Legge 903/1965, infatti, per la reversibilità non serve la convivenza tra i coniugi ma solo l’esistenza del rapporto coniugale con il defunto pur se finito e indipendentemente dalla tipologia di separazione.
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