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Criptovalute

Crypto, 5 vulnerabilità off-chain che potrebbero costare miliardi: il lato peggiore ignorato da molte piattaforme

Pubblicato da
Pasquale Antoniacci

Nonostante la crescente sofisticazione dei protocolli blockchain, le criptovalute restano vulnerabili a errori umani, truffe interne e carenze nei sistemi di sicurezza off-chain. Secondo Hacken, molte aziende crypto non rispettano nemmeno gli standard minimi di sicurezza operativa, lasciando miliardi esposti a rischi evitabili. Una debolezza strutturale che potrebbe minare la fiducia nell’intero ecosistema.

Quando si parla di sicurezza nel mondo delle criptovalute, il dibattito si concentra quasi esclusivamente sulla tecnologia on-chain. Smart contract auditati, meccanismi di consenso a prova di attacco, chiavi crittografiche: tutto rigorosamente automatizzato e verificabile. Eppure, mentre l’attenzione è tutta rivolta all’infrastruttura decentralizzata, sono spesso le componenti umane e organizzative – quelle off-chain – a causare i danni peggiori.

Crypto, 5 vulnerabilità off-chain che potrebbero costare miliardi: il lato peggiore ignorato da molte piattaforme – crypto.it

Una recente inchiesta di Hacken, società specializzata in sicurezza blockchain, ha evidenziato come molte aziende crypto manchino addirittura dei requisiti di base per la gestione sicura delle credenziali, dei dati degli utenti e dei flussi interni. Un’ossessione quasi ideologica per la sicurezza on-chain ha portato a trascurare le vulnerabilità quotidiane, spesso invisibili ma letali, che possono costare al settore centinaia di milioni di dollari. Le parole chiave emergenti sono minacce interne, gestione credenziali, sicurezza off-chain e fiducia.

Credenziali esposte, attacchi interni e falle organizzative: i rischi trascurati

Nel settore crypto, la retorica della decentralizzazione ha spinto molte realtà a investire esclusivamente nella componente tecnica della sicurezza, lasciando scoperta quella più fragile: il fattore umano. Il caso di Coinbase, riportato da The Hacker News, è emblematico. Un gruppo di hacker ha corrotto degli agenti del customer service, ottenendo accesso ai dati sensibili di circa 69.000 utenti, con un potenziale impatto finanziario superiore a 400 milioni di $.

Non si è trattato di una falla tecnologica, ma di una debolezza organizzativa: mancati controlli, accessi troppo estesi, formazione inadeguata. È il classico esempio di quanto le minacce interne – deliberate o per negligenza – rappresentino oggi uno dei rischi più sottovalutati. Secondo gli analisti di Hacken, la maggior parte delle piattaforme crypto non ha policy efficaci per la rotazione delle credenziali, per la segmentazione degli accessi o per la gestione delle emergenze operative.

Credenziali esposte, attacchi interni e falle organizzative: i rischi trascurati – crypto.it

Questa lacuna evidenzia quanto sia necessario affiancare alla robustezza dei protocolli on-chain una vera cultura della sicurezza aziendale, con sistemi di auditing interno, aggiornamenti continui delle policy e procedure standardizzate anche nel mondo Web3.

L’illusione della sicurezza automatica e la necessità di standard condivisi

Nel Web3, l’illusione che l’automazione elimini il rischio umano è ancora molto diffusa. La verità è che ogni infrastruttura digitale è solo forte quanto il suo elemento più debole, spesso rappresentato da chi la gestisce. Le stablecoin, i bridge tra blockchain, le piattaforme DeFi: tutti strumenti sofisticati, ma spesso accessibili da interfacce centralizzate dove basta una password debole o un dipendente disattento per compromettere l’intero sistema.

La mancanza di uno standard di sicurezza condiviso per l’ambiente off-chain è uno dei temi più urgenti sollevati dagli esperti. Hacken sottolinea come molte aziende crypto non rispettino nemmeno l’equivalente della ISO/IEC 27001, uno standard riconosciuto per la sicurezza delle informazioni. Non si tratta solo di compliance, ma di protezione della fiducia degli utenti in un sistema già segnato da numerosi scandali.

Un altro aspetto critico è la gestione dei fornitori esterni. Molte piattaforme si affidano a terze parti per il customer service o per l’hosting dei dati, aumentando il perimetro di rischio. Se le catene di fornitura non sono sicure, anche la blockchain più avanzata diventa vulnerabile.

In un settore che si evolve rapidamente, restare ancorati all’idea che tutto si risolva con smart contract auditati è un errore strategico. La cybersecurity non è solo codice: è anche cultura, prevenzione e governance. E se il mondo crypto vuole davvero competere con la finanza tradizionale, dovrà presto imparare a proteggersi anche dove le blockchain non arrivano.

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