Hai mai pensato che una somma ricevuta come risarcimento potesse attirare l’attenzione del Fisco? Magari dopo anni di cause, dolori e attese, arriva finalmente un bonifico. Ma insieme alla soddisfazione, potrebbe arrivare anche una richiesta di pagamento dall’Agenzia delle Entrate. E allora la domanda scatta automatica: “Devo pagare le tasse sul risarcimento danni?”
Marco, ad esempio, dopo una lunga battaglia legale con il suo datore di lavoro ha ottenuto 40mila euro. Una cifra che sembrava mettere fine a mesi di stress e ingiustizie. Ma la pace è durata poco. Poco dopo, ha ricevuto una cartella per circa 14mila euro di tasse. Come è possibile? La verità è che non tutti i risarcimenti danni sono esenti. Alcuni sì, altri no. Tutto dipende da cosa quella cifra rappresenta.
È una situazione che molti sottovalutano. Si pensa che, siccome è un risarcimento, non possa mai essere tassato. In realtà, bisogna distinguere bene la natura del danno. Non basta sapere “quanto” hai ricevuto, ma serve capire “per cosa”.
Ci sono casi in cui il risarcimento non viene toccato dal Fisco. Questo succede quando la somma serve a compensare un danno alla salute, morale o esistenziale. In pratica, se hai subito una lesione fisica, un trauma psicologico, o hai perso qualità della vita, quel denaro non costituisce un reddito. È una compensazione, non un guadagno.
Facciamo un esempio: chi subisce ferite in un incidente stradale e riceve un risarcimento per invalidità o menomazioni fisiche non paga tasse su quelle cifre. Lo stesso vale per chi è stato diffamato pubblicamente o ha subito danni psicologici seri. In questi casi, il risarcimento danni è del tutto esente, anche se l’importo è molto elevato.
Anche le somme riconosciute ai familiari di una persona deceduta in un incidente o per responsabilità altrui rientrano tra quelle esenti, perché mirano a riparare un danno non patrimoniale.
Le cose cambiano se il risarcimento copre una perdita economica, come stipendi non percepiti o introiti mancati. In questo caso, per il Fisco è come se stessi ricevendo un reddito sostitutivo. E quindi, va tassato.
Riprendiamo il caso di Marco. La sua causa ha avuto successo, ma il risarcimento ottenuto non riguardava danni fisici o morali: si trattava di mancati guadagni. Quella cifra ha preso il posto dello stipendio che avrebbe ricevuto se non fosse stato licenziato. Ecco perché è stata tassata.
La legge è chiara: quando un risarcimento compensa una perdita di reddito, rientra nei redditi tassabili. Al contrario, se serve a coprire spese sostenute, come cure mediche o terapie, allora è esente. È qui che entra in gioco la distinzione tra lucro cessante (perdita di guadagno, tassabile) e danno emergente (spese sostenute, non tassabile).
Quindi, prima di festeggiare un risarcimento, chiediti: sto ricevendo un rimborso per qualcosa che ho perso economicamente o un compenso per un dolore, un disagio o un danno fisico? La risposta cambia tutto.
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